Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Cattolica avanti con Generali Respinto ricorso dei dissidenti
Ok all’aumento di capitale. Il giudice: «Una necessità estrema»
VERONA Respinto il ricorso dei soci dissidenti di Cattolica contro l’assemblea sull’aumento di capitale.
VERONA Il Tribunale delle Imprese di Venezia, sciogliendo la riserva successiva all’udienza del 17 agosto, ha respinto il ricorso presentato dai soci «dissidenti» di Cattolica Assicurazioni contro la delibera assembleare del 27 giugno, quella che aveva dato il via libera all’aumento di capitale fino a 500 milioni richiesto espressamente dall’Ivass, l’istituto che vigila sulle società di assicurazione. L’iniziativa del ricorso era stata presa da «Casa Cattolica», sigla che riunisce anime diverse della vasta platea societaria di Cattolica Assicurazioni ma che rappresenta in tutto 34 soci (su 18.617), pari allo 0,18% del totale, per un numero complessivo di 54.418 azioni, cioè lo 0,03% del capitale.
L’ordinanza, depositata ieri dal giudice Lina Tosi, ha respinto la richiesta di sospensiva della delibera assembleare (la quale, nel frattempo, aveva già superato anche il vaglio dell’Ivass). Pertanto, può proseguire secondo gli accordi previsti l’operazione con Generali, cui il Cda di Cattolica ha riservato la parte più consistente dell’aumento di capitale: 300 milioni che, secondo i piani, verranno sottoscritti in autunno. I rimanenti 200 milioni sono destinati alla platea generale degli azionisti.
Il rigetto del ricorso presentato da Casa Cattolica è un passaggio-chiave per i progetti della Compagnia veronese. I soci dissidenti, infatti, chiedevano al tribunale di invalidare l’assemblea, lamentando molteplici violazioni dell’iter procedimentale, abuso del diritto e difetto di informazione ai soci chiamati a votare. Inoltre, i contestatori imputavano al board della società l’ingiusta diluizione della loro partecipazione. Più in generale, secondo i ricorrenti, l’operazione concordata tra il presidente Paolo Bedoni e Generali avrebbe condotto a un’inaccettabile perdita di identità da parte di Cattolica, costretta a rinunciare alla sua storica forma cooperativa per trasformarsi in Spa e consegnarsi così al controllo del Leone triestino. Nell’argomentare la sua decisione, contraria alle aspettative dei «dissidenti», la giudice Tosi si è soffermata in particolare su un aspetto cruciale: la «estrema necessità», per Cattolica, di dare corso attraverso l’aumento a una consistente patrimonializzazione, necessità sancita dal suo organo di vigilanza, l’Ivass, le cui osservazioni in merito non sono state minimamente messe in dubbio dagli autori del ricorso. La Compagnia veronese, secondo l’Ivass, ha l’urgente bisogno di ripristinare (entro il 30 settembre) il suo livello di solvibilità, intaccato nel corso degli ultimi mesi dalle vicende di mercato provocate dalle pandemia da Covid-19. «Il non soddisfare tale urgenza - è scritto nell’ordinanza del giudice - comporterebbe per la società gravi danni, non tanto e non solo in termini di sanzioni da parte della Vigilanza, ma soprattutto in termini di capacità di resistere alle tensioni di mercato, secondo gli esiti di una valutazione autorevolissima (proveniente appunto dall’Ivass); al cospetto dei quali si pone il diritto risarcitorio di una quota modesta di soci e di azionisti».
Quest’ultimo passaggio ha un suo rilievo, poiché il magistrato ha voluto sottolineare il fatto che, tra le altre questioni, i ricorrenti rappresentano un’esigua minoranza dei soci di Cattolica: trattandosi di una futura Spa, anche i numeri hanno il loro peso.