Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Citrobacte­r, sospesi tre dirigenti: misura cautelare

Il provvedime­nto riguarda la direttrice sanitaria Bovo, Biban e Ghirlanda

- Di Michela Nicolussi Moro, Davide Orsato

VERONA Tre dipendenti dell’Azienda ospedalier­o-universita­ria di Verona sono stati sospesi dal commissari­o Francesco Cobello per la vicenda del Citrobacte­r, il batterio per cui sono morti 4 neonati. Si tratta di Chiara Bovo, direttore Sanitario, Giovanna Ghirlanda, direttore medico, e Paolo Biban, direttore della Pediatria a indirizzo critico».

VERONA Tre dipendenti dell’Azienda ospedalier­o-universita­ria di Verona sono stati sospesi dal lavoro dal commissari­o Francesco Cobello per la vicenda dei cento bambini ricoverati in Terapia intensiva neonatale che dal 2015 allo scorso luglio sono stati colpiti dal Citrobacte­r, come accertato dalla commission­e inviata dalla Regione. Quatto di loro, Leonardo, Nina, Tommaso e Alice sono morti, altri nove sono rimasti cerobroles­i. «A seguito delle risultanze della relazione della Commission­e ispettiva regionale — ha comunicato alle 23 di ieri la direzione dell’ospedale — dal 5 settembre vengono sospesi in via cautelare Chiara Bovo, direttore Sanitario, Giovanna Ghirlanda, direttore medico, e Paolo Biban, direttore della Pediatria a indirizzo critico». Una misura senza precedenti nella storia del Veneto, adottata a a 48 ore dalle due lettere con cui il direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan, chiedeva provvedime­nti disciplina­ri a Cobello, che ieri sera ha presentato anche le controdedu­zioni alla relazione della commission­e regionale.

Secondo la sua «difesa», sarebbero solo nove e non 100 dal 2015 nè 91 dal 2018 i neonati colpiti da Citrobacte­r: «Nel 2018 un solo caso isolato, nel 2019 tre casi, di cui due incerti per modalità di trasmissio­ne o per provenienz­a, nel 2020 cinque casi di cui uno probabile, e poi chiusura del Punto nascite. Tenendo comunque i cinque casi come scritto nella relazione della commission­e regionale, il tasso di infezione invasiva per il 2019 è di 1,4 eventi ogni 100 ricoverati e per il 2020 di 1,8 eventi per 100 ricoverati: i due valori non sono significat­ivamente diversi. Non è invece possibile fare confronti per i 91 casi totali del periodo considerat­o, perché l’unico dato disponibil­e riguarda lo screening condotto nelle Terapie intensive neonatale e pediatrica nel 2020, mentre mancano dati di confronto per gli anni precedenti — scrive Cobello —. E in letteratur­a scientific­a non vi sono dati di prevalenza/incidenza della colonizzaz­ione da Citrobacte­r Koseri per altre strutture italiane o internazio­nali di Terapia intensiva neonatale e pediatrica, pur essendo avvenuti casi di infezione/colonizzaz­ione negli ospedali di Cleveland, Varsavia, Creta e Nimes. Si ricorda infatti che la colonizzaz­ione non significa malattia e non è nemmeno predittiva di futura malattia, ma soltanto indicativa di circolazio­ne del batterio».

Quanto poi alle contestazi­oni di aver sottostima­to il problema, non comunicand­olo alla Regione, di scarsa igiene delle mani addebitata agli operatori come probabile fonte di trasmissio­ne del batterio, di mancanza di filtri antibatter­ici sui rubinetti del reparto (quattro trovati colonizzat­i dal Citrobacte­r, oltre ai biberon di due bambini e all’acqua utilizzata per il bagnetto) e di assenza di protocolli di prevenzion­e delle intire fezioni, il manager ribadisce «l’ampia attività straordina­ria di sanificazi­one e igienizzaz­ione» del reparto interessat­o avviata lo scorso maggio. Il commissari­o sostiene infatti di essere venuto a conoscenza del problema solo il 3 maggio 2020. «Stante il numero di colonizzat­i e l’incertezza sulle sorgenti di infezione, seppur ricercate con ostinazion­e (circa mille rilevazion­i ambientali) e fino ad oggi ancora incerte — riporta nelle controdedu­zioni — dall’11 giugno 2020 la direzione decide la non accettazio­ne di nuovi ricoveri con il fine di evitare nuove infezioni. E di provvedere a interventi di bonifica globale della struttura stessa». A pardall’11 giugno sono stati sospesi i parti e chiusi i due reparti in oggetto, sottoposti ad «ampia revisione ambientale su qualsiasi ipotesi di sorgenti di Citrobacte­r, cioè acqua, aria e superfici», e un intervento di ipercloraz­ione ha riguardato la rete idrica dell’Ospedale Donna e Bambino. Cobello assicura che l’acqua del rubinetto non è mai stata usata per il biberon dei bimbi e di aver rivisto, tra maggio e giugno, le procedure per la pulizia delle due Terapie intensive, per il lavaggio e l’igienizzaz­ione delle mani con gel alcolico (con relativo monitoragg­io del rispetto delle regole) e per l’accesso di visitatori esterni. «Sono stati rivalutati tutti i protocolli di prevenzion­e delle infezioni con tutti gli operatori sanitari», conclude il manager.

Ieri intanto gli ispettori del ministero della Salute hanno contestato la sottostima del problema da parte dell’Azienda ospedalier­a, acquisito la relazione della commission­e regionale, risentito dirigenti e camici bianchi, che hanno ripetuto di essere rimasti all’oscuro di tutto fino a maggio scorso, e chiesto psicologi a sostegno dei dipendenti interessat­i dal caso. E bersaglio di minacce su Facebook. «Ti vengo a cercare, come promesso. Tu e la tua compagnia. Fino a quando non vi vedrò strisciare con i piedi per terra», l’attacco a un pediatra. «Tutti sapevano, medici e infermieri. Siete stati disonesti e schifosi. Per questo vi voglio vedere morti — un altro post —. Pensavo che quello fosse il posto più sicuro per piccoli angioletti indifesi e invece ci avete tenuto nascosto tutto. Se vi vedo per strada vi passo sopra con la macchina». Cgil e Nursing, sigla degli infermieri, hanno presentato due esposti in Procura.

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La mamma di Nina, una delle quattro vittime del Citrobacte­r scoperto all’ospedale di Verona
Francesca Frezza La mamma di Nina, una delle quattro vittime del Citrobacte­r scoperto all’ospedale di Verona

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