Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Autonomia, nuovo piano di Zaia
«Un progetto tecnico che mette all’angolo il governo». La lista del governatore quarta forza nazionale
VENEZIA C’è il fronte interno (il rebus fra ripescaggi e manuale Cencelli per trovare la quadra sulla nuova giunta) e poi c’è il fronte esterno. Segnatamente quello romano per l’autonomia e le percentuali bulgare raccolte da Zaia, secondo il diretto interessato, peseranno: « A Roma non possono far finta che non sia successo nulla: abbiamo un progetto per metterli in difficoltà sul piano tecnico e giuridico».
All’indomani della vittoria, gli analisti continuano a scandagliare l’affermazione senza precedenti di Luca Zaia. Swg evidenzia come il leghista abbia fatto il pieno dei voti nel centrodestra (il 72% di chi lo ha votato aveva già votato per la coalizione alle Europee) ma abbia pure intercettato una fetta importante degli astenuti (hanno contribuito per il 21% al suo risultato), in particolare grazie alla Lista Zaia, catalizzatore di consensi trasversale ma anche «succhiatrice» del 40% dei voti che nel 2019 andarono alla Lega. Il Pd ha invece perso l’11% dei suoi voti alle Europee a favore della lista del presidente, mentre il 39% dei suoi elettori si è rifugiato nell’astensione, probabilmente non convinto dalla candidatura di Arturo Lorenzoni. E ancora, YouTrend propone questa suggestione: sommando i voti di lista rastrellati dai partiti in tutte le Regioni a rinnovo, la lista Zaia con i suoi 916 mila voti si piazza al quarto posto come forza nazionale, dietro a Pd, Lega e FdI. Si diceva poi dell’uomo-partito: secondo il politologo Paolo Feltrin il 20% degli elettori, 500 mila cittadini, ha votato solo per il presidente, una fiducia personale che trascende le appartenenze partitiche. Come conferma Zaia: «Questo non è un voto a Zaia o alla Lega e un voto dei veneti per il Veneto, per l’autonomia. Sento la responsabilità enorme di rappresentare tutti».
La riforma, Zaia l’ha ribadito ieri al K3, è la priorità: «Stamattina mi ha telefonato il ministro Boccia: mi hai chiamato per firmare l’intesa?, gli ho domandato. A Roma non possono far finta che non sia successo nulla e non dormano sonni tranquilli: abbiamo un progetto per metterli in difficoltà sul piano tecnico e giuridico». Su quello politico certo non sarà facile. Il voto di domenica e lunedì conferma che il Veneto è la Regione più lontana dalla coalizione di governo: insieme Pd, M5S e Italia Viva qui non raggiungono il 20%, un terzo dei voti ottenuti dalla lista del presidente. Che ora mette sul piatto tutta la sua autorevolezmier za: «Nel 2010 ho ereditato una Regione poco rispettata, periferia dell’impero. Abbiamo guadagnato una nuova centralità, a Roma non ci si siede al tavolo a discutere se non c’è il Veneto. Voglio vedere se il governo, per castrare i veneti, avrà il coraggio di castrare anche emiliani, campani, pugliesi... perché ormai tutti vogliono l’autonomia. Non darci la riforma significherebbe chiudere ogni rapporto con noi».
Zaia dice di non aspirare alla presidenza della Conferenza Stato-Regioni, oramai terza Camera italiana («Preferisco dedicare il mio tempo ai veneti») smentisce una volta di più qualsiasi ambizione da pre(«Sono fatalista, non vivo con l’ansia del domani; il salame si mangia una fetta alla volta») e qualunque insidia a Salvini («Non è proprio nel mio interesse»), invita a non dare valore politico alle Regionali: «È un errore, il presidente ormai è un grande sindaco».
Alla domanda su cos’abbia votato al referendum non risponde mentre sul fatto che la Lega non sfondi a Sud allarga le braccia: «Bossi era un visionario, ricordate la Padania? Ma la forza della Lega sono sempre stati gli amministratori e il partito è gracile dove non li ha».
Zaia conquista voti anche a sinistra ma soprattutto porta a votare chi si astiene
C’è un piano tecnico e giuridico per mettere il governo all’angolo sulla riforma