Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
IL TEMPO DEL NUOVO VENETO
La vacanza (elettorale) è finita. Urge tornare a governare giorno per giorno la pandemia sanitaria e a programmare con lungimiranza l’uscita da quella economica.
A questo fine, da quel poco di dibattito veneto finora dedicato al Recovery/NextGeneration UE Plan, si possono ricavare una convinzione ed una ipotesi di strategia. Entrambe orientate «non a riparare e ripristinare per il qui ed ora, ma a dare forma ad un modo migliore di vivere per il mondo di domani ». Parole di Ursula von der Leyen.
La convinzione è che l’Italia non ha alcun interesse a «riparare e ricostruire» l’economia pre-Covid che l’aveva portata ad arrancare in coda all’Unione con tassi di crescita del Pil vicini allo zero. Anzi, dobbiamo usare questa occasione irripetibile per rottamare l’economia di ieri e risolvere i problemi che da circa trent’anni frenano la crescita del Paese.
Per raddoppiare il tasso medio di crescita dell’Italia (da 0,8% a 1,6% annuo del Pil) —obiettivo indicato dalle Linee guida governative per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza— occorre puntare-- meno «Recovery» e più «Next Generation» - su iniziative e progetti che anziché distribuire «pesci» forniscano «canne da pesca» capaci di aumentare il potenziale produttivo dell’Italia collocandolo sulla frontiera dell’innovazione tecnologica, verde e digitale.
Un obiettivo difficilmente riconoscibile, per ora, sia nelle proposte abbozzate da categorie economiche e giunta regionale veneta, sia nella lista dei tanti «piccoli» interventi proposti dal comune di Venezia. Salto paradigmatico cercasi.
Ma se le proposte innovative produttive non possono che partire da «il» capitale, la politica regionale deve favorirle fornendo «la» capitale, per usare la felice sintesi di Gigi Copiello (Corriere del Veneto del 17 settembre) che, con Alberto Baban (Corriere del Veneto del 12 settembre), individua un handicap da rimuovere per lo sviluppo del Veneto nella mancanza di una città capitale, a differenza di Lombardia ed Emilia-Romagna. Il tema è tutt’altro che banale naturalmente solo se per «capitale» intendiamo non un luogo simbolico destinatario di privilegi immotivati, ma un «vertice funzionale», a servizio di un sistema insediativo-produttivo regionale che, essendo intrinsecamente gerarchico, ha bisogno di un caput: di un vertice urbano, sua prima infrastruttura, necessario e capace, con le sue contaminazioni casuali produttrici di, e prodotte da, biodiversità aziendale e sociale, di «attrarre o trattenere giovani talenti – che oggi abbandonano a frotte il Veneto - ed accaparrarsi imprese innovative». Infrastruttura ancor più strategica nel mondo post-covid nel quale un 40% del lavoro - soprattutto se creativo e direzionale - si svolgerà da casa . Darsi il «vertice funzionale» che manca al Nordest è il possibile filo conduttore di una politica infrastrutturale veneta a sostegno della rottamazione produttiva e territoriale richiesta dal# Nuova Generazione Veneto. Una politica che dovrebbe partire dal ricucire con infrastrutture e servizi di trasporto e di comunicazione, fisici e digitali, il triangolo Padova, Venezia, Treviso, per renderlo tutto equi-attraente per le scelte localizzative di talenti e innovatori. Triangolo ricco della dimensione demografica, delle necessarie dotazioni di servizio superiore e dell’immagine (Venezia) necessari per risalire la gerarchia dei nodi metropolitani continentali. Un vertice metropolitano del quale potenziare poi la centralità rileggendo le sue connessioni con il mondo, con l’Europa, e con la regione che oggi esso contende a Milano, Bologna, Monaco di Baviera e Lubiana. Si immagini l’area metropolitana di Padova-TrevisoVenezia servita dall’alta velocità completata verso Verona-Milano, dalla direttrice autostradale verso Monaco di Baviera e da quella autostradale e ferroviaria verso Tarvisio, oltre che dall’alta velocità prolungata ad est fino a Lubiana e potenziata a sud fino a Bologna. Un’area collegata al mondo , da Venezia, dall’ aeroporto intercontinentale( persone) e dal porto (merci), messo quest’ultimo in condizione, con le opere complementari del Mose, di reinserirsi sulle rotte euroasiatiche. Sono tutti progetti già accarezzati in un qualche momento dell’ultima storia veneta, ma mai messi a sistema. Facendolo oggi provocheremmo quel salto di paradigma che cambierebbe, in meglio dal Nordest, il ruolo dell’Italia.
Zaia e il turismo Useremo i fondi del Recovery Fund per aiutare il settore. E sulla promozione avanti insieme a Friuli ed Emilia