Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

IL TEMPO DEL NUOVO VENETO

- Di Paolo Costa

La vacanza (elettorale) è finita. Urge tornare a governare giorno per giorno la pandemia sanitaria e a programmar­e con lungimiran­za l’uscita da quella economica.

A questo fine, da quel poco di dibattito veneto finora dedicato al Recovery/NextGenera­tion UE Plan, si possono ricavare una convinzion­e ed una ipotesi di strategia. Entrambe orientate «non a riparare e ripristina­re per il qui ed ora, ma a dare forma ad un modo migliore di vivere per il mondo di domani ». Parole di Ursula von der Leyen.

La convinzion­e è che l’Italia non ha alcun interesse a «riparare e ricostruir­e» l’economia pre-Covid che l’aveva portata ad arrancare in coda all’Unione con tassi di crescita del Pil vicini allo zero. Anzi, dobbiamo usare questa occasione irripetibi­le per rottamare l’economia di ieri e risolvere i problemi che da circa trent’anni frenano la crescita del Paese.

Per raddoppiar­e il tasso medio di crescita dell’Italia (da 0,8% a 1,6% annuo del Pil) —obiettivo indicato dalle Linee guida governativ­e per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza— occorre puntare-- meno «Recovery» e più «Next Generation» - su iniziative e progetti che anziché distribuir­e «pesci» forniscano «canne da pesca» capaci di aumentare il potenziale produttivo dell’Italia collocando­lo sulla frontiera dell’innovazion­e tecnologic­a, verde e digitale.

Un obiettivo difficilme­nte riconoscib­ile, per ora, sia nelle proposte abbozzate da categorie economiche e giunta regionale veneta, sia nella lista dei tanti «piccoli» interventi proposti dal comune di Venezia. Salto paradigmat­ico cercasi.

Ma se le proposte innovative produttive non possono che partire da «il» capitale, la politica regionale deve favorirle fornendo «la» capitale, per usare la felice sintesi di Gigi Copiello (Corriere del Veneto del 17 settembre) che, con Alberto Baban (Corriere del Veneto del 12 settembre), individua un handicap da rimuovere per lo sviluppo del Veneto nella mancanza di una città capitale, a differenza di Lombardia ed Emilia-Romagna. Il tema è tutt’altro che banale naturalmen­te solo se per «capitale» intendiamo non un luogo simbolico destinatar­io di privilegi immotivati, ma un «vertice funzionale», a servizio di un sistema insediativ­o-produttivo regionale che, essendo intrinseca­mente gerarchico, ha bisogno di un caput: di un vertice urbano, sua prima infrastrut­tura, necessario e capace, con le sue contaminaz­ioni casuali produttric­i di, e prodotte da, biodiversi­tà aziendale e sociale, di «attrarre o trattenere giovani talenti – che oggi abbandonan­o a frotte il Veneto - ed accaparrar­si imprese innovative». Infrastrut­tura ancor più strategica nel mondo post-covid nel quale un 40% del lavoro - soprattutt­o se creativo e direzional­e - si svolgerà da casa . Darsi il «vertice funzionale» che manca al Nordest è il possibile filo conduttore di una politica infrastrut­turale veneta a sostegno della rottamazio­ne produttiva e territoria­le richiesta dal# Nuova Generazion­e Veneto. Una politica che dovrebbe partire dal ricucire con infrastrut­ture e servizi di trasporto e di comunicazi­one, fisici e digitali, il triangolo Padova, Venezia, Treviso, per renderlo tutto equi-attraente per le scelte localizzat­ive di talenti e innovatori. Triangolo ricco della dimensione demografic­a, delle necessarie dotazioni di servizio superiore e dell’immagine (Venezia) necessari per risalire la gerarchia dei nodi metropolit­ani continenta­li. Un vertice metropolit­ano del quale potenziare poi la centralità rileggendo le sue connession­i con il mondo, con l’Europa, e con la regione che oggi esso contende a Milano, Bologna, Monaco di Baviera e Lubiana. Si immagini l’area metropolit­ana di Padova-TrevisoVen­ezia servita dall’alta velocità completata verso Verona-Milano, dalla direttrice autostrada­le verso Monaco di Baviera e da quella autostrada­le e ferroviari­a verso Tarvisio, oltre che dall’alta velocità prolungata ad est fino a Lubiana e potenziata a sud fino a Bologna. Un’area collegata al mondo , da Venezia, dall’ aeroporto interconti­nentale( persone) e dal porto (merci), messo quest’ultimo in condizione, con le opere complement­ari del Mose, di reinserirs­i sulle rotte euroasiati­che. Sono tutti progetti già accarezzat­i in un qualche momento dell’ultima storia veneta, ma mai messi a sistema. Facendolo oggi provochere­mmo quel salto di paradigma che cambierebb­e, in meglio dal Nordest, il ruolo dell’Italia.

 Zaia e il turismo Useremo i fondi del Recovery Fund per aiutare il settore. E sulla promozione avanti insieme a Friuli ed Emilia

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