Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tremila alunni mandati a casa: solo due positivi
A Treviso contagiato solo lo 0,06 degli studenti testati «Con i sintomi influenzali rischiamo il caos tamponi» Le Usl: «Necessario un nuovo approccio al virus. Ed i pediatri facciano più filtro»
TREVISO Oltre tremila tamponi e solo due positivi. È l’esito degli esami eseguiti a bambini e a ragazzi al drive-in di Treviso. Un dato confortante pari allo 0,06 per cento che fa chiedere una revisione delle regole, troppo stringenti per il ritorno a scuola dopo il lockdown. «Le linee guida ministeriali vanno cambiate chiede il direttore generale dell’Usl 2 Francesco Benazzi - i sintomi per i quali il pediatra invia i minori al tampone sono molto frequenti e si possono sovrapporre con le influenze stagionali». Si ridurrebbero i disagi per le famiglie e le code ai drive-in.
VENEZIA Il dato è molto soddisfacente, trattandosi di epoca pandemica: in provincia di Treviso, su 3.332 tamponi in drive-in a bambini e ragazzi, i positivi al Covid sono risultati solo due, lo 0,06%. C’è però l’altro lato della medaglia a sollevare perplessità e la necessità di un nuovo approccio al virus. Dalla riapertura delle scuole il 14 settembre centinaia di famiglie si sono messe in fila tutte le mattine, facendo anche tre o quattro ore di coda in attesa del test, che poi è risultato negativo per il 99,94% dei piccoli pazienti. È vero che è meglio essere certi e cauti, di questi tempi, le precauzioni non sono mai troppe, ma ora le Usl cominciano a chiedere soluzioni diverse perché il sistema è in crisi. L’Usl 2 di Treviso ha spostato la sede degli screening lontano dall’ospedale per non far collassare la viabilità e ha raddoppiato le ore di servizio, ma con un afflusso sempre più massiccio potrebbe non bastare. Il fatto è che per ogni naso che cola, ogni lineetta di febbre del figlio che frequenta la scuola, mamma e papà devono chiamare il pediatra. Che dice sempre la stessa cosa: «Andate a fare il tampone». E via di code e attese, perché in classe non si torna senza la certificazione di negatività: a Treviso, in Dogana, mercoledì la colonna di auto era lunga chilometri, costringendo la polizia locale a chiuci dere la Noalese per non bloccare il traffico di un intero quadrante della città.
Il direttore generale trevigiano Francesco Benazzi pronuncia parole che valgono un grido di battaglia: «Le linee guida ministeriali vanno cambiate, i sintomi per i quali il pediatra invia i minori al tampone sono molto frequenti e si possono sovrapporre con le influenze stagionali. Modificando le linee guida, alla luce dello 0,06% di positivi, si potrebbe evitare un ricorso così elevato ai tamponi, autorizzando la visita pediatrica nei
L’Usl 2 Cambiando le linee guida si potrebbe evitare un ricorso così massiccio ai tamponi, vanno autorizzate le visite pediatriche nei casi in cui i sintomi siano lievi. Così calerebbe la pressione anche sulle strutture sanitarie
casi in cui i sintomi siano lievi». Aiutando quindi bimbi e genitori, ma anche alleggerendo le strutture sanitarie. Il presidente della Regione Luca Zaia ha chiesto all’Iss di rivalutare la norma: «È troppo restrittiva, per ogni colpo di tosse obbliga il pediatra a chiedere il test. Non è colpa dei medici. Il problema non ce l’abbiamo noi, che abbiamo un buon approvvigionamento di tamponi, ma le famiglie e i bambini che con un paio di bronchiti all’anno si faranno quindici test. Assurdo».
Sulle stesse cifre di Treviso sono anche le altre Usl venete: a Venezia da inizio anno scolastico i tamponi a bambini e ragazzi sono stati 1.670 con 17 positivi, a Verona 3.921, a Padova 3.871, a Bassano mille. Bisogna agire senza abbassare la guardia, ma anche senza creare impedimenti. Coi punti di accesso dedicati alla scuola intasati, in pressing sui pediatri arriva Antonio Compostella, a capo dell’Usl 5 di Rovigo: «C’è poca collaborazione, non fanno da filtro, non visitano i bambini con possibili sintomi Covid. Eseguono solo un triage telefonico, quindi inviano all’Usl per il tampone. Quando i numeri andranno ad aumentare, con l’arrivo dell’influenza, la pressione diverrà maggiore». Il sindacato dei pediatri ha già spiegato la propria posizione: non hanno intenzione di ricevere in studio bambini potenzialmente positivi per non rischiare di contagiare gli altri pazienti fragili, tanto meno a fare i tamponi rapidi nei propri ambulatori. Si sono resi disponibili però a fare i test in spazi offerti da Usl o Comuni. «Apriamo subito un tavolo rilancia Benazzi -, siamo dalla stessa parte. Se poi saremo autorizzati, come abbiamo chiesto, a fare i tamponi in classe quando emergono casi sospetti, riusciremo a dare risposte in tempi ancora minori senza dover isolare gli studenti. I negativi rimarranno a fare lezione e le scuole non subiranno un lockdown che nessuno di noi vuole. La carica virale è molto bassa, è sufficiente la quarantena del sintomatico non di tutta la classe». E la proposta parte sulla base di dati inequivocabili.
Roberto Rigoli, primario di Microbiologia dell’Usl 2 e coordinatore delle microbiologie del Veneto, ha presentato i dati di un importante studio sull’attendibilità dei tamponi rapidi antigenici. Sono stati sottoposti al doppio test (rapido e molecolare) 3.486 soggetti e il test rapido ha rilevato 413 dei 415 positivi. «La sensibilità del metodo è del 99,52%, la sensibilità del 99,5% - spiega Rigoli -. È uno degli studi più corposi a livello internazionale e l’affidabilità aumenta se il test viene processato entro i 15 minuti. Se il metodo sarà validato potremo utilizzarlo per prendere decisioni rapide nelle scuole e nelle aziende. Non vedo altre possibilità».
L’Usl 5 I pediatri non fanno da filtro, non visitano i bimbi con possibili sintomi Covid. Eseguono solo un triage telefonico e inviano il piccolo all’Usl per il tampone. Con l’influenza la pressione sarà troppo grande