Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Test rapidi a scuola. E meglio portare sempre la mascherina»
Covid La Regione al governo
Scuole, Zaia al governo: «Meglio i test rapidi per evitare disagi. Le mascherine all’aperto? Invito a metterle ma no all’obbligo».
VENEZIA A due settimane dalla prima campanella «non c’è alcuna emergenza sanitaria nelle scuole». Lo assicura il governatore Luca Zaia, forte dei primi dati raccolti dalla Direzione regionale Prevenzione: 90 contesti scolastici hanno un solo caso di Covid19 ciascuno rilevato in una classe/sezione. Solo in tre realtà sono stati registrati contagi secondari tra loro correlati e nell’85% delle situazioni il coronavirus ha colpito un alunno. Complessivamente gli allievi positivi al tampone sono 85 su 707.814, cioè lo 0,01%, mentre 970, pari allo 0,14%, sono in quarantena.
Per quanto riguarda docenti e operatori, a fronte di un totale di 95.786, i soggetti colpiti dal Covid-19 sono 120, cioè lo 0,13%. «Un’incidenza infinitesimale — commenta Zaia —. Tutti i soggetti ad oggi positivi al coronavirus presentano sintomi lievi o sono asintomatici e non l’hanno contratto a scuola ma in famiglia o in contesti sociali, ciò a riprova dell’azione di controllo dei contatti svolta dai Servizi di Igiene e Sanità Pubblica per spezzare prontamente le catene di contagio negli ambienti scolastici».
Ma si può fare meglio sul fronte della prevenzione e della gestione dei casi, con tre novità proposte dalla Regione al ministero della Salute. E sono: l’utilizzo del tampone rapido (solo nel naso, non anche in gola) come strumento di screening scolastico, la cui sperimentazione ha dato risultati equiparabili a quelli del tampone molecolare; la somministrazione dello stesso tampone rapido a tutti i compagni di classe dell’allievo colpito dal Covid-19 e che, se negativi, non dovranno più andare in quarantena 14 giorni ma potranno continuare a seguire le lezioni e verranno sottoposti a un secondo tampone rapido di verifica dopo una settimana; il riconoscimento ai pediatri e ai medici di famiglia della facoltà di decidere se prescrivere o meno il tampone ai loro assistiti, che ben conoscono, e che presentino sintomi sospetti. «Così eviteremo di effettuare migliaia di tamponi a persone colpite da riniti, bronchiti, allergie e non dal coronavirus — ragiona il presidente del
Veneto — risparmiando disagi soprattutto ai bambini, perdite di tempo alle famiglie e un ulteriore peso sul Servizio sanitario. Sempre a tale scopo, la Direzione della Prevenzione sta lavorando insieme all’Ufficio scolastico regionale per fare in modo che i tamponi siano fatti a scuola dai nostri medici. Potrebbero occuparsene le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale create in appoggio ai medici di famiglia e composte anche da infermieri, ndr), in modo che i genitori degli alunni minorenni non siano più costretti ad affrontare code chilometriche per portarli in ambulatorio».
Proposte che trovano l’appoggio del senatore padovano Antonio De Poli (Udc): «È impensabile, come sta accadendo adesso, sovraccaricare le aziende sanitarie con centinaia e centinaia di tamponi da eseguire ogni giorno, sui casi sospetti. Accolgo e rilancio la proposta del governatore Zaia al governo affinché si utilizzino i tamponi rapidi a scuola».
E a proposito di tamponi, dall’inizio dell’emergenza ne sono stati effettuati 1.881.679 nel Veneto, ai quali si aggiungono 1.390.000 test rapidi. «E nel giro di due settimane arriveranno i test salivari — annuncia Zaia —. Nel nostro territorio l’epidemia è sotto controllo, ma dobbiamo lavorare per evitare nuove zone rosse e lockdown e in tal senso l’uso della mascherina è fondamentale per non ammalarsi. È una tutela per se stessi e per gli altri. Non reintrodurrò l’obbligo di indossarla all’aperto perché la condotta dei veneti non è irresponsabile, però vi prego di metterla, lo dico nel rispetto di tutti, anche dei negazionisti. È un sacrificio che si può fare. Ricordo che grazie a questa protezione solo il 3,8% dei medici operanti nelle Malattie infettive è stato contagiato».
Restando in ospedale, si abbassa a 63 anni l’età media dei ricoverati in Terapia intensiva (e a 66 in Malattie infettive e in Pneumologia), perché gli anziani sono più attenti, e scende anche il numero dei degenti rispetto a quelli ricoverati negli altri reparti: oggi il rapporto è del 6%. Un terzo non è intubato ed è diminuita la degenza, da 14 a 6-9 giorni.
L’età media dei deceduti resta invece ferma a 82 anni.
Zaia: nel Veneto non c’è emergenza ma usiamo sempre la mascherina