Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Ecco il kit che distingue il Covid dall’influenza»
«Abbiamo sperimentato test di biologia molecolare capaci di distinguere il Covid dall’influenza». Lo annuncia Roberto Rigoli, il coordinatore delle 14 Microbiologie del Veneto. Che sul tema dei focolai e dell’impennata dei contati spiega perché «non c’è allarme».
Dottor Roberto Rigoli, lei è il coordinatore delle 14 Microbiologie del Veneto, processano i tamponi, quindi ha sott’occhio l’andamento dell’epidemia da coronavirus in tempo reale. A cosa si deve l’impennata di contagi di giovedì, 445 in 24 ore, il valore del giorno più alto d’Italia?
«Al fatto che sono stati caricati nel bollettino regionale tardivamente anche casi rilevati nei giorni precedenti, per esempio i 61 contagi registrati tra i migranti accolti nella ex caserma Zanusso di Treviso, i 122 diagnosticati alla Fincantieri e gli 80 registrati in Comelico. E a un’opera di screening che non conosce uguali: dal 21 febbraio, inizio dell’epidemia, abbiamo effettuato 1.933.088 tamponi, ai quali si aggiungono 1.410.000 test rapidi. Una cifra astronomica».
Quindi nessun nuovo allarme, come a marzo?
«Ma no, anche perché oggi il 95% dei soggetti contagiati è asintomatico. Prendiamo gli ultimi 4027: i sintomatici sono il 4,37%, cioè 176. E solo il 40% dei 9858 veneti in isolamento fiduciario è positivo al tampone».
Rigoli Rispetto a marzo oggi il 95% dei contagiati non ha sintomi
Se il virus si ricombina con l’influenza, diventa meno cattivo
Ieri in effetti i nuovi casi sono scesi a 236 e l’indice del contagio resta fermo a 1.1, come la scorsa settimana. La riapertura delle scuole sta contribuendo alla diffusione del virus?
«Non direi, visto che lo abbiamo rilevato in 187 allievi su un totale di 707.814. E’ lo 0,03%. La scuola non c’entra, nei bambini stiamo piuttosto riscontrando infezioni da rinovirus e sindromi para-influenzali. In realtà il Veneto sta ancora scontando il ritorno dalle vacanze di migliaia di persone, soprattutto dei residenti rientrati dalla Sardegna. Stiamo a vedere, ora come ora la curva del contagio potrebbe salire ancora ma anche scendere».
I focolai sono domestici o di tipo lavorativo e sociale?
«Ci sono tutte le fattispecie descritte, non ne emerge una in particolare. E’ presto per parlare o fare previsioni, dopotutto è il primo inverno che affrontiamo con il Covid-19. Quando la pandemia è scoppiata, a febbraio appunto, eravamo ormai al termine della scorsa stagione fredda e anche dell’influenza. Cosa accadrà adesso, che i due virus si incontreranno, nessuno lo sa».
Hanno sintomi simili all’inizio, la preoccupazione è riuscire a distinguerli in tempo. Lei sta sperimentando tutti i sistemi diagnostici più all’avanguardia, ne ha uno in grado di distinguere il Covid19 dall’influenza?
«Sì, abbiamo sperimentato test di biologia molecolare capaci di garantire la diagnosi differenziata: nello stesso campione prelevato dal paziente segnalano la presenza di influenza A o B, Covid-19 oppure altri virus. Al momento questi sistemi sono disponibili solo in ospedale, nelle Microbiologie, ma in un futuro non troppo lontano anche alcuni test rapidi potranno distinguere le varie infezioni e sarà un aiuto fondamentale per la diagnosi e la presa in carico precoce del malato».
Come si sta comportando ora il coronavirus?
«Circola ma, essendo un virus a Rna e quindi soggetto facilmente a mutazioni, il vero interrogativo è capire se e come si ricombinerà con gli altri. Se per esempio si ricombinasse con il virus dell’influenza, diventerebbe meno cattivo. Al momento non sappiamo cosa succederà, dobbiamo prepararci e stare all’erta».