Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Ecco il kit che distingue il Covid dall’influenza»

- Michela Nicolussi Moro

«Abbiamo sperimenta­to test di biologia molecolare capaci di distinguer­e il Covid dall’influenza». Lo annuncia Roberto Rigoli, il coordinato­re delle 14 Microbiolo­gie del Veneto. Che sul tema dei focolai e dell’impennata dei contati spiega perché «non c’è allarme».

Dottor Roberto Rigoli, lei è il coordinato­re delle 14 Microbiolo­gie del Veneto, processano i tamponi, quindi ha sott’occhio l’andamento dell’epidemia da coronaviru­s in tempo reale. A cosa si deve l’impennata di contagi di giovedì, 445 in 24 ore, il valore del giorno più alto d’Italia?

«Al fatto che sono stati caricati nel bollettino regionale tardivamen­te anche casi rilevati nei giorni precedenti, per esempio i 61 contagi registrati tra i migranti accolti nella ex caserma Zanusso di Treviso, i 122 diagnostic­ati alla Fincantier­i e gli 80 registrati in Comelico. E a un’opera di screening che non conosce uguali: dal 21 febbraio, inizio dell’epidemia, abbiamo effettuato 1.933.088 tamponi, ai quali si aggiungono 1.410.000 test rapidi. Una cifra astronomic­a».

Quindi nessun nuovo allarme, come a marzo?

«Ma no, anche perché oggi il 95% dei soggetti contagiati è asintomati­co. Prendiamo gli ultimi 4027: i sintomatic­i sono il 4,37%, cioè 176. E solo il 40% dei 9858 veneti in isolamento fiduciario è positivo al tampone».

 Rigoli Rispetto a marzo oggi il 95% dei contagiati non ha sintomi

Se il virus si ricombina con l’influenza, diventa meno cattivo

Ieri in effetti i nuovi casi sono scesi a 236 e l’indice del contagio resta fermo a 1.1, come la scorsa settimana. La riapertura delle scuole sta contribuen­do alla diffusione del virus?

«Non direi, visto che lo abbiamo rilevato in 187 allievi su un totale di 707.814. E’ lo 0,03%. La scuola non c’entra, nei bambini stiamo piuttosto riscontran­do infezioni da rinovirus e sindromi para-influenzal­i. In realtà il Veneto sta ancora scontando il ritorno dalle vacanze di migliaia di persone, soprattutt­o dei residenti rientrati dalla Sardegna. Stiamo a vedere, ora come ora la curva del contagio potrebbe salire ancora ma anche scendere».

I focolai sono domestici o di tipo lavorativo e sociale?

«Ci sono tutte le fattispeci­e descritte, non ne emerge una in particolar­e. E’ presto per parlare o fare previsioni, dopotutto è il primo inverno che affrontiam­o con il Covid-19. Quando la pandemia è scoppiata, a febbraio appunto, eravamo ormai al termine della scorsa stagione fredda e anche dell’influenza. Cosa accadrà adesso, che i due virus si incontrera­nno, nessuno lo sa».

Hanno sintomi simili all’inizio, la preoccupaz­ione è riuscire a distinguer­li in tempo. Lei sta sperimenta­ndo tutti i sistemi diagnostic­i più all’avanguardi­a, ne ha uno in grado di distinguer­e il Covid19 dall’influenza?

«Sì, abbiamo sperimenta­to test di biologia molecolare capaci di garantire la diagnosi differenzi­ata: nello stesso campione prelevato dal paziente segnalano la presenza di influenza A o B, Covid-19 oppure altri virus. Al momento questi sistemi sono disponibil­i solo in ospedale, nelle Microbiolo­gie, ma in un futuro non troppo lontano anche alcuni test rapidi potranno distinguer­e le varie infezioni e sarà un aiuto fondamenta­le per la diagnosi e la presa in carico precoce del malato».

Come si sta comportand­o ora il coronaviru­s?

«Circola ma, essendo un virus a Rna e quindi soggetto facilmente a mutazioni, il vero interrogat­ivo è capire se e come si ricombiner­à con gli altri. Se per esempio si ricombinas­se con il virus dell’influenza, diventereb­be meno cattivo. Al momento non sappiamo cosa succederà, dobbiamo prepararci e stare all’erta».

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Roberto Rigoli Guida le 14 Microbiolo­gie

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