Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

BONOMI, LANDINI E IL NODO LAVORO

- Di Gigi Copiello

Egregio presidente Bonomi, le pongo un problema, che non mi sembra da poco. Dal Veneto, negli ultimi dieci anni, se ne sono andati centomila ragazzi...

«Italia anno zero» è il titolo dell’assemblea di Confindust­ria Vicenza, che si tiene stamattina alla Gps di Schio.Tra i relatori i leader di Confindust­ria e Cgil, Carlo Bonomi e Maurizio Landini

Egregio presidente Bonomi, le pongo un problema, che non mi sembra da poco. E paradigmat­ico. I numeri del problema: dal Veneto, negli ultimi dieci anni, se ne sono andati ormai centomila ragazzi, in gran parte con laurea e diploma. Pochissimi rientrano e quelli del Nord Europa vengono qui solo per turismo. Dall’Est sono arrivate tante donne per far le badanti, dall’Oriente e dall’Africa molti uomini assunti come manovali. Questo il Veneto, non diverso dall’Italia, con eccezione di Lombardia ed Emilia Romagna. S’aggiunga il calo demografic­o e ne risulta un mercato del lavoro che si sta impoverend­o, specie per le competenze specialist­iche e tecnico-scientific­he.

Se anche trovassimo idee e capitali, mancano le donne e gli uomini. E perché? Per tanti motivi, ma certamente due riguardano le associazio­ni che voi rappresent­ate. Il primo: «ballano» mille euro, netti e al mese, tra lo stesso lavoro in Italia e oltre le Alpi. Una ragazza laureata fa la chimica in un’impresa di 200 dipendenti: stage per 6 mesi a 600 euro al mese. Un giovane ingegnere, finito lo stage, è assunto a tempo determinat­o in una azienda con 800 dipendenti in Veneto: 1.300 euro al mese. Un giovane fisico italiano, a Monaco, è assunto per 1.900 euro iniziali che diventano 2.700 dopo 24 mesi. Sono casi, ma le statistich­e, quando ci sono, non dicono cose diverse.

Ho letto, Presidente Bonomi, che lei vuole fare una «rivoluzion­e nei contratti». Nessun problema. Ma spieghi: quando compra una macchina, un imprendito­re è convinto di fare un investimen­to e non bada a spese. Quando assume un ingegnere, ha le stesse convinzion­i? Se rivoluzion­e s’ha da fare, si cominci da qui. A mio parere.

Il secondo motivo lo pongo a Landini. Caro Maurizio, abbiamo lavorato assieme, nella buona e nella cattiva sorte. Non ti invidio: sei il maggior esponente del sindacato, di un sindacato che non ha più ruolo politico. Sociologi e politologi lo dicono in altri modi, io così: abito in un paese circondato da fabbriche piccole, medie e grandi, nazionali ed estere; vado in piazza e parlo di tutto con tutti, ma manco uno che chieda o parli del sindacato. Non va bene, né a me né a te. «Che fare?», dicevano i vecchi. Vedi, Maurizio, le sicurezze sono fondamenta­li, sono le fondamenta. Anzi: bisogna fare un qualche salario minimo garantito, perché non singole fabbriche, ma interi settori sono fuori da ogni graziadidd­io. Ma bisogna anche crescere. Ecco, Maurizio: il sindacato non cresce più perché non c’è più tra gli specializz­ati e i tecnici, siano essi operai o impiegati. Siano essi ragazze e ragazzi. E non c’è perché il merito, le competenze, l’assunzione di rischio, sono ancora un tabù, per il sindacato. Quello della scuola ha fatto dimettere un ministro (Berlinguer) e cadere un Governo (Renzi) solo perché avevano parlato di «valutazion­e». Te lo dico, Maurizio: o il sindacato passa per lì o rimane com’é. Aggiungo: vedo una prateria nelle imprese. I ragazzi, ancor prima dei soldi, consideran­o una cosa quando entrano in fabbrica: quanta strada hanno davanti. Se è quella che va dalla sedia alla scrivania, prendono un’altra strada, che porta lontano. Avviene per tanti.

Egregi signori Bonomi e Landini: assieme a chi ha qualsiasi responsabi­lità politica, avete davanti un solo obiettivo: far tornare a crescere il Paese. Ma questo sarà possibile solo e se le ragazze e i ragazzi dell’Italia e del mondo, la next

generation, vedranno nelle imprese italiane un lavoro buono per la loro crescita. Egregi signori: avete molto da fare: rivalutare il lavoro. Buon lavoro anche a voi.

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