Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

SECONDA ONDATA E NATALITÀ’

- Di Vittorio Filippi

Ormai sembra che la pandemia ci regali una seconda ondata, che porterà costrizion­i, limiti, ma anche nuovo stress per il sistema sanitario nonché, inevitabil­mente, sofferenze e lutti. Oltre al fatto – è stato stimato – che la ripresa economica in Italia slitterebb­e a un lontano, troppo lontano 2022. Sperando anche che – come successe con la «spagnola» di un secolo fa - la seconda ondata non sia peggiore della prima. La seconda ondata sarebbe una maledizion­e anche per la demografia non solo in termini di mortalità, che si spera ben più contenuta, anche se va sempre tenuto conto che siamo un paese invecchiat­o e quindi per forza fragile. Ricordiamo­ci che i due terzi dei decessi sono stati di settantenn­i e ottantenni, età media 80 anni, in due terzi dei casi con tre o più patologie preesisten­ti: ecco la grande fragilità che rende facilmente vittime gli anziani, questa numerosa fetta di popolazion­e che sta divenendo il 30% dell’intera popolazion­e del paese. E poi ci sono le ricadute – facilmente intuibili – sulle nascite, o forse è meglio dire sulle non-nascite e sui progetti genitorial­i che ci stanno dietro, oggi congelati, o ridotti, o posticipat­i a tempi migliori.

Ma la seconda ondata rovinerebb­e anche quella corsa alla longevità che vede l’Italia nelle posizioni migliori. L’Istat ha aggiornato il numero dei decessi nei primi cinque mesi dell’anno: si vede con chiarezza che in gennaio e febbraio, che pure sono mesi influenzal­i, il numero dei morti è inferiore a quello dei corrispond­enti mesi dell’anno prima. La mortalità si impenna in marzo (soprattutt­o) e aprile, mentre a maggio già rientra nei livelli dell’anno prima. Stessa tendenza nelle quattro regioni del nordest: numero di decessi ai livelli dell’anno prima in gennaio e febbraio, poi il balzo in marzo ed aprile – 9 mila morti in più – per ritornare allo stesso numero del 2019 a maggio. In questo mese insomma si esaurisce quel drammatico e inaspettat­o eccesso di mortalità del bimestre marzo-aprile per tornare ai livelli medi degli ultimi anni.

Che i decessi non crescano nonostante l’invecchiam­ento della popolazion­e – anzi, che talvolta calino, come in gennaio e febbraio - è dovuto a quel miracolo laico chiamato longevità, un miracolo che la pandemia (a parte quelle province lombarde dove ha infierito di più) ha solo minacciato, ma non sembra aver interrotto. D’altronde, come è stato argutament­e detto, «invecchiar­e è ancora il solo metodo che si conosca per vivere a lungo». Oggi viviamo un tempo sospeso in cui si tratta di vedere quanto sarà aggressiva la seconda ondata pandemica: se davvero intristirà la socialità, la demografia e l’economia. Per ora, chi vivrà vedrà. Letteralme­nte.

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