Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Le multiutility di Verona e Vicenza si aggregano in un gruppo da 1,5 miliardi di ricavi. Ma rimane il nodo di un terzo partner per fare il vero salto dimensionale
che manca nel ciclo del trattamento rifiuti di Verona e Vicenza), e pure l’abbinata trentino-sudtirolese Dolomiti Energia-Alperia, più piccola per dimensioni ma impreziosita da un’interessante dote di impianti idroelettrici tipicamente montani. Se la nuova Mu-Ven fosse interessata, Hera e Dolomiti-Alperia hanno già fatto sapere di essere disponibili a valutare la presentazione di un’offerta congiunta per una partnership industriale con VeronaVicenza.
Gli ultimi passaggi del tribolato iter di fusione hanno risentito del lungo scontro politico, sebbene il processo aggregativo sia stato in qualche misura agevolato, dal 2018 in avanti, dal fatto che le due città hanno assunto un «colore» omogeneo, essendo amministrate entrambe dal centrodestra. Ciò nonostante, le umane resistenze dei «piccoli» a essere inglobati dai più grandi hanno avuto il loro peso. Ancora ieri pomeriggio, durante il consiglio comunale decisivo (dove poi la delibera di fusione è stata approvata con 19 voti favorevoli, tutti di maggioranza, e 12 contrari), le opposizioni vicentine hanno inalberato uno striscione in rima che è la sintesi di tutte le frustrazioni di parte berica: «Rucco e Sboarina (i due sindaci, ndr), Vicenza va in rovina». Nei matrimoni d’interesse va sempre così: non è amore ma la legge del più forte.