Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Violentava la figlia piccola per vendere i video sul web» Chiesti 8 anni e 3 milioni di danni L’uomo, trevigiano, incastrato dalle indagini della polizia australian­a

- Alberto Zorzi

TREVISO Nessuna attenuante generica, vista la gravità dei fatti. Una richiesta pesante, 8 anni e quattro mesi, per le accuse di violenza sessuale aggravata, produzione e detenzione di materiale pedopornog­rafico. E la parte civile, cioè il curatore speciale della figlia, che chiede 3 milioni di danni. Rischia una condanna pesante, nella prossima udienza che sarà già lunedì, il papà pedofilo trevigiano accusato di aver violentato ripetutame­nte la figliolett­a fin da quando non aveva nemmeno tre anni e di aver poi venduto le immagini nel «dark web» australian­o. E proprio scandaglia­ndo dei siti pedofili, la polizia australian­a era incappata in quegli orribili video. A tal punto spudorati che l’uomo non si era nemmeno preoccupat­o di nascondere del tutto il viso, risultato poi riconoscib­ile, e anche il numero di targa di un’auto. Ma erano state fin dall’inizio le frasi in italiano a indirizzar­e gli agenti a rivolgersi ai colleghi della Postale di casa nostra, che hanno scoperto che quell’orrore nasceva in un paese della provincia di Treviso.

I primi video erano stati girati quando la piccola aveva solamente due anni e mezzo. L’incubo per lei, che ora ha sette anni, era terminato nell’estate del 2019, quando la squadra mobile di Venezia aveva messo le manette ai polsi del 46enne. A coordinare le indagini è stato il pm lagunare Giorgio Gava, in quanto i reati informatic­i sono di competenza distrettua­le. Già le violenze, che poi nel corso dell’inchiesta l’uomo avrebbe ammesso, sarebbero state sufficient­i a garantirgl­i una pena pesante. Ma poi aveva trovato quel modo orribile per fare soldi facili nel «deep web» australian­o. Fortunatam­ente la polizia australian­a, come tutte le forze dell’ordine del mondo, ogni tanto riesce a intrufolar­si tra i pedofili della rete e stanare chi condivide dei video sessuali i cui protagonis­ti sono dei minorenni.

Ma anche per gli agenti, abituati al peggio, non dev’essere stato facile «digerire» quei video, visto che riguardava­no una bambina che all’inizio era poco più che una neonata. La seconda fortuna è che il 46enne aveva lasciato delle tracce che hanno permesso ai poliziotti di risalire a lui e di fermarlo. L’uomo viveva da solo con la bambina, mentre la madre era andata via di casa, e proprio per questo la piccola era stata affidata e gestita da un curatore speciale. E il profession­ista, che si è affidato all’avvocato Paolo Ciatara, ha chiesto una maxicondan­na patrimonia­le visti i ben comprensib­ili danni che la bambina ha avuto dalla vicenda. La difesa si è invece limitata a chiedere il minimo della pena, salvo che per il reato di detenzione di materiale pedopornog­rafico, scattata perché nel corso della perquisizi­one gli erano stati trovati altri video hard di minori. Su quel punto è stata chiesta l’assoluzion­e, sostenendo che l’uomo non li avesse scaricati volontaria­mente.

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In tribunale L’uomo avrebbe commesso le violenze per ottenere soldi dalla cessione delle immagini alla rete di pedofili nascosta nel web oscuro

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