Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Variati: «C’è ancora pericolo»
Il sottosegretario a Zaia: attenti al messaggio che si dà. Ieri altri 533 positivi: il focolaio di Fincantieri
VENEZIA Emergenza sì o no? Variati risponde indirettamente a Zaia: «Vero, non c’è emergenza ospedaliera ma il punto è che non dobbiamo arrivarci proprio». Intanto, ieri, si sono registrati quasi quattrocento positivi.
VENEZIA Come prima, peggio di prima. Parliamo del virus (che cresce, è indubbio) e della politica che oltre a governare le oscillazioni della pandemia ha il compito di comunicare con la popolazione.
Spiccava, ieri, in netta controtendenza l’affermazione del presidente veneto Luca Zaia «Il coronavirus non è più un’emergenza». Si era nel giorno del ritorno delle mascherine all’aperto obbligatorie, con gli indicatori del contagio in crescita. Va detto che Zaia non manca mai di premettere «restiamo in allerta, siamo pronti con l’artiglieria pesante, ci stiamo preparando al peggio» e così via. Ma quel «non è più un’emergenza» non è passato inosservato. Achille Variati, sottosegretario al Viminale, commenta: «Bisogna capirsi sui termini. Alla domanda: siamo in emergenza nelle Rianimazioni, nelle Terapie intensive? la risposta è no e se questo intendeva il presidente Zaia ha ragione. Il punto, però, è un altro: noi all’emergenza sanitaria ospedaliera non dobbiamo proprio tornarci. Non dobbiamo e, aggiungo, non possiamo».
Il ragionamento di Variati è di prospettiva: «Se dovessimo tornare all’emergenza sanitaria non basterà più la mascherina, significherebbe procedere a chiusure, anche se parziali, di attività produttive e commerciali. Ora, ci sono i segnali di una ripresa dell’infezione e questo è innegabile ma, ripeto, è vero che non c’è emergenza sanitaria ospedaliera. Tutto ciò premesso, bisogna stare attenti a non lanciare il messaggio che non c’è nessun problema, perché la crescita dei contagi è continua e non possiamo permetterci chiusure di attività. Significherebbe precipitare in una buca da cui non ci rialzeremmo più. Voglio dirlo chiaramente: non ci sono e non ci saranno risorse aggiuntive. Abbiamo il recovery fund per far riprendere l’economia ma non si potrebbe fare il bis, non in quella misura almeno, dei sussidi schierati in passato. Sarebbe drammatico». Niente cassa integrazione di massa, niente contributi agli affitti per i negozi, niente bonus partite Iva, tanto per intendersi. E il rischio, a quel punto, oltre che di tenuta economica sarebbe, seriamente, di tenuta sociale.
Dell’ultimo attrito fra Regioni, decise a continuare la differenziazione dei provvedimenti se necessario, e l’esecutivo, che invece riporta il timone su Roma, Variati ribadisce: «Le Regioni motu proprio possono anche pensare a misure ampliative rispetto a quelle nazionali, ma con il
Variati Un ritorno all’emergenza ospedaliera significherebbe chiusura di attività e quindi tensioni non solo economiche ma sociali
consenso del governo. E, capiamoci, non c’entra nulla l’autonomia: nel momento in cui siamo in emergenza nazionale, è ovvio che servano disposizioni nazionali, perché le regioni non sono luoghi chiusi».
E infatti la curva del contagio continua a salire. Un campanello d’allarme era già suonato il primo ottobre, quando il Veneto aveva registrato 445 nuovi contagi, record italiano, e cinque vittime nel giro di 24 ore, il dato più alto dal 24 aprile scorso. Polverizzato però dai 533 casi registrati ieri e aggravati da sette decessi. Il motivo? Grandi focolai sparsi in tutte le province, partendo da Venezia, che accusa ormai 116 infetti (40 solo nelle ultime tre settimane) tra gli operai di aziende esterne operanti in Fincantieri e quasi tutti bengalesi, nella cui comunità l’Usl Serenissima avvierà uno screening. Poi ci sono l’ospedale civile, che nel reparto di Medicina conta 30 fra pazienti e operatori colpiti dal virus, e la residenza per anziani del Fatebenefratelli, dove sono risultati positivi al tampone 14 degenti e 5 operatori.
A proposito di ospedali, ieri è morto un 76enne, il tredicesimo paziente della clinica di Porto Viro, in Polesine. Boom di contagi pure nella casa di riposo Angelo Majoni di Cortina: 44 solo ieri, per un totale di 60, quasi tutti asintomatici. E proprio il versante degli istituti per anziani preoccupa la Regione, che dalla prossima settimana sottoporrà a tamponi rapidi tutti i visitatori. A «La Pieve» di Montecchio sono 82 i pazienti Covid (67 ospiti e 15 operatori) e un 95enne ha perso la vita; a Chiampo un nuovo cluster si è materializzato in un centro disabili, con venti tra pazienti e operatori raggiunti dall’infezione; alla «Pia Opera Ciccarelli» di San Giovanni Lupatoto (Verona) la situazione si aggrava, con altri 20 casi, che portano il totale a 58. A Vicenza venti classi del liceo classico Brocchi lunedì hanno saltato le lezioni, perché un docente è stato trovato positivo al tampone, mentre continua a preoccupare la situazione in Comelico, gravato ormai da 120 contagi, 12 riscontrati ieri. A questi si aggiungono i 38 registrati nei Comuni del Cadore e i quattro (tre studenti e un professore) diagnosticati all’Istituto alberghiero Dolomieu di Longarone, costretto a chiudere il convitto e a mettere in quarantena una classe.
A Treviso infine il Covid-19 ha colpito nove calciatori di un team di Seconda Categoria, il Basalghelle di Mansuè.