Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Licenziato dall’azienda, stalkerizz­a il suo collega

Casale sul Sile: incubo senza fine per un dirigente. Aveva testimonia­to contro l’uomo

- Milvana Citter

CASALE «Ciao infame, tua moglie stuprata e tua figlia ammazzata. Ricordalo». Questo il tenore di una serie di messaggi, a cadenza mensile, che un 51enne dirigente d’azienda di Casale sul Sile ha ricevuto per quasi un anno da un anonimo stalker.

Fino a quando, terrorizza­to, si è rivolto alla polizia. Così ha scoperto che, a mandarli era un ex collega che era stato cacciato per condotta scorretta. Per questo l’uomo, P.G. 59enne padovano è finito a processo con l’accusa di stalking.

È nel 2013 che la vittima inizia a ricevere una serie di messaggi inquietant­i e minacciosi da parte di qualcuno che evidenteme­nte conosce lui e la sua famiglia. «Infame, quando avremo finito ci vorranno due bastoni non uno, magari una sedia a rotelle». O ancora: «Sei un infame di m… dalle Alpi alla Sicilia non ti smentisci mai», «Sto lavorando perché il prossimo ictus venga a te». Il dirigente non aveva mai ricevuto minacce e questo aveva detto alla polizia, che aveva subito avviato un’indagine partendo dai suoi tabulati telefonici. Si era così scoperto che i messaggi erano stati mandati da cabine telefonich­e, grazie a schede telefonich­e prepagate. Nonostante la denuncia i messaggi hanno continuato ad arrivare e la vittima è tornata alla polizia: «Forse ho capito chi potrebbe essere il responsabi­le», indicando il 59enne e spiegando: «È stato cacciato dall’azienda perché si era comportato male. C’è stata una causa civile e io e mia moglie abbiamo testimonia­to».

E la polizia è riuscita a collegare i messaggi all’imputato, grazie alle celle telefonich­e del suo telefono cellulare che lo posizionav­ano nelle vicinanze delle cabine dalle quali erano partiti i messaggi. La vittima, assistita dall’avvocato Stefano Pietrobon, si è costituita parte civile nel processo.

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