Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Gemelle di colore via dalla tomba «Solo parenti»
Il padre delle bimbe mai nate è stato adottato. L’accusa del nonno: «È razzismo». Il giudice: «Non è vero»
PASTRENGO (VERONA) Nel 2017 le gemelle di Alhassan sono nate morte e sono state seppellite nella tomba di famiglia del padre adottivo. Un cugino si è rivolto al giudice: «È solo per i parenti». A breve saranno rimosse.
PASTRENGO (VERONA) Una storia straziante che racconta di una lite tra parenti per il diritto all’uso di una tomba di famiglia: per Natale due piccole bare bianche che contengono i corpicini delle gemelline di colore nate morte all’ottavo mese di gestazione saranno rimosse dal cimitero di Piovezzano, frazione di Pastrengo. Lo stabilisce una sentenza del tribunale di Verona datata 4 settembre 2020, che ordina che entro 90 giorni le due cassettine delle salme di Asfene e Raffaella Kamara Guglielmi vengano rimosse da sopra la bara di Clara Piccoli, su cui poggiano, madre di Narciso Guglielmi.
Guglielmi, 68 anni, ha vissuto per molti anni in Africa e ha adottato due ragazzi, uno proveniente dal Ghana e l’altro, Alhassan, oggi 32enne, originario della Sierra Leone. Quest’ultimo si è sposato con una connazionale. Nel 2016 è iniziata la gravidanza della moglie, che però all’ottavo mese, il 21 giugno 2017, ha avuto una complicazione e ha partorito due gemelline morte.
Guglielmi, quindi, il primo luglio 2017 ha deciso di seppellire le due nipotine nella tomba di famiglia che la madre aveva acquistato anni prima insieme a un suo cugino, oggi ultraottantenne che, attraverso il suo avvocato fa sapere di non voler rilasciare dichiarazioni.
La vertenza ruota attorno alla concessione comunale della tomba, la quale contiene indicazioni precise sulle persone che possono esservi sepolte, ovvero solo i parenti stretti delle due famiglie.
Nemmeno il regolamento comunale di polizia mortuaria e cimiteriale del Comune di Pastrengo, sebbene contenga l’articolo 40, che prevede la trasmissione del diritto alla sepoltura ai discendenti e parenti fino al quarto grado, ha potuto evitare i vincoli scritti nel documento di concessione. È così che dal marzo 2018 è iniziata una causa tra Guglielmi e il cugino della madre, finita con la sentenza che impone a Guglielmi «l’estumulazione delle due gemelline e anche il risarcimento economico della causa, stimato in oltre 7 mila euro». L’uomo, però, oggi vive in condizioni economiche difficili: in Sierra Leone gestiva delle cave per l’estrazione del granito, ha mandato alla scuola di polizia di quel Paese il figlio Alhassan, che in Africa ha adottato già dall’età adolescenziale, ma in Italia solo nel 2011 quando era già maggiorenne (e da allora non ha ancora ottenuto la cittadinanza italiana). Con la guerra in Sierra Leone l’attività estrattiva è stata chiusa e la sede della sua ditta, Guglielmi l’ha trasformata in luogo di assistenza per i bambini mutilati. È dovuto rientrare in Italia, anche se dice «sogno sempre l’Africa», perché si è ammalato a sua volta. Ora vive con la pensione di cittadinanza. Continua a piangere e dice: «Non ho i soldi né per fare appello alla sentenza e nemmeno per pagare le spese della condanna. Come faccio a tirare su le bambine dalla tomba? Non saprei nemmeno dove metterle».
Ma se non ci pensa lui lo farà il parente, a cui il giudice ha riconosciuto il diritto di rimozione delle salme in caso non lo facesse Guglielmi e pure ad essere risarcito.Guglielmi, però, non si dà pace, perché, secondo lui, la «vera» motivazione dell’opposizione alla tumulazione delle due gemelline è di natura razziale. Il 15 settembre 2017, due mesi e mezzo dopo la sepoltura, infatti, lo ha anche messo nero su bianco in una denuncia ai carabinieri di Pastrengo. Nel verbale è riportato quanto Guglielmi asserisce: «Ho ricevuto telefonate anonime che mi dicevano: “Tira fora quelle negre dalla me tomba”. Ed è anche accaduto che a un funerale di una zia, a mio fratello questo parente abbia detto: “To fradèl el me l’ha fatta grossa, l’ha messo do negre nella tomba de famiglia”». Racconti che l’avvocato di Guglielmi, Giuseppe Clementi, ha pure esposto in tribunale, ma dice: «Il giudice non ha accolto le prove testimoniali ed è andato direttamente a sentenza». Ed è il giudice Massimo Vaccari a riportare nella sentenza: «La pretestuosità in difetto di qualsiasi prova, secondo cui la reazione alla sepoltura sarebbe stata dettata da ragioni di discriminazione razziale». Ed ora, dopo tre anni che quei due corpicini riposano nel cimitero di Piovezzano, a dicembre la tomba potrebbe essere riaperta per la rimozione senza che si sappia che destino avranno.