Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Le pestilenze e i lockdown della Serenissima
All’Archivio di Stato di Venezia i documenti con le misure messe in atto dalla Repubblica durante le epidemie
Documenti, storie e particolari tutti da scoprire: torna la «Domenica di Carta», iniziativa promossa dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, che per un giorno mostra al pubblico le testimonianze inedite custodite negli archivi di stato. Oggi, all’Archivio di Stato di Venezia ai Frari, il tema è «Pandemia e pestilenze a Venezia (XIV-XVIII secolo)». Attraverso il percorso espositivo e le visite guidate vengono illustrate le misure e i rimedi sanitari messi in campo dalla Repubblica di Venezia per fronteggiare le epidemie e salvaguardare la salute pubblica: ci sono i registri dei decessi, le ordinanze dei dogi, le sentenze di condanna a morte per i guardiani che rubavano e gli arresti dei medici che cercavano di scappare. L’esposizione è aperta dalle 10 alle 14, con ingressi contingentati a 20 persone per volta (www.beniculturali.it).
Tra i documenti scelti dagli archivisti Alessandra Schiavon e Giovanni Caniato, le carte del Maggior consiglio e del Senato che descrivono l’operato dei «Provveditori alla sanità». Istituiti prima come ufficio temporaneo per prevenire e poi contenere il diffondersi delle malattie, i provveditori diventano stabili dal gennaio 1486 fino alla fine del diciottesimo secolo e citati per la prima volta durante la peste nera del 1348, quella narrata da Boccaccio nel Decameron. Si legge una testimonianza della peste nera a Venezia in un documento di cronaca in copia del sedicesimo secolo, con immagini speculari a quelle della città deserta nei mesi di marzo e aprile durante il lockdown: «Et non se trovava quasi più persone in la terra, che se sarìa andato da Canareio a Castello che’l non se haveria trovato diexe persone per la vita, né per le piaze…».
Tanti i compiti dei provveditori, dal richiamo dei medici fuggiti per paura del contagio, al divieto e controllo di assembramenti fino alla scelta di luoghi isolati dove ricoverare i casi sospetti, all’attuazione di blocchi di uomini, animali, mercanzie e mezzi di trasporto via terra e mare. I «Capitolari», ovvero registri in pergamena dove veniva raccolto il corpus di leggi straordinarie emanate per prevenire e contenere il contagio, sono l’antecedente dei moderni Dpcm.
Di documento in documento, si apprende che tra le pestilenze più gravi c’è quella del 1576-1577, causa di 50mila 726 morti e che in un solo giorno, il 3 agosto 1576, fece registrare 260 decessi in città. Poi, l’istituzione del Lazzaretto vecchio, attraverso un decreto del Senato dell’agosto 1423, in cui se ne delibera l’edificazione fuori dalla città in un’area insulare. Nel 1486 viene edificato il Lazzaretto nuovo come luogo di quarantena, che nel tempo cade in abbandono e rimpiazzato nel 1793 dal Lazzaretto novissimo sull’isola di Poveglia, mentre alla peste si sostituisce il colera.