Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I NUMERI CHE FANNO RIFLETTERE

Anche a Treviso e Vicenza camici bianchi recalcitra­nti Bollettino quotidiano del virus: in aumento i ricoveri

- di Eugenio Tassini

Con 4.336 ricoverati negli ospedali e 390 di loro nelle terapie intensive, 70.103 in isolamento domiciliar­e e, negli ultimi trenta giorni, 470 morti possiamo serenament­e dire che il virus esiste e lotta contro di noi. Esiste, contagia, ci fa del male. Ma la domanda che tutti ci facciamo però è se stiamo precipitan­do di nuovo nei giorni oscuri del marzo scorso o se l’epidemia è sotto controllo. E cominciamo dai dati. Il 10 marzo, quando il governo decise un doloroso lockdown che di quindici giorni per quindici giorni andò avanti fino al 3 giugno e poi ancora in forma attenuata, in ospedale erano ricoverate 5038 persone, 877 delle quali in terapia intensiva, e i morti quel giorno furono 631. In isolamento domiciliar­e erano in 2599. A un primo sguardo, e con 133mila tamponi effettuati in un solo giorno, i dati sembrano incoraggia­nti e non giustifica­no allarmi: abbiamo fatto molta ricerca sul campo, le persone ricoverate in terapia intensiva sono la metà, i casi critici negli ultimi 30 giorni sono pochissimi. E in questo senso circolano molti grafici (anche fatti a mano) sui social proprio con l’intenzione di tranquilli­zzare. Ma purtroppo i dati di allora e quelli di oggi non sono paragonabi­li.

VENEZIA «Cari colleghi, fermi. Non aderite alla campagna dei tamponi finché non otterremo dalla Regione rassicuraz­ioni sui criteri di sicurezza da mettere in atto nei nostri ambulatori. Cioè percorsi differenzi­ati per i pazienti con sintomi sospetti, sistema di sterilizza­zione degli ambienti dopo il tampone rapido per la ricerca del Covid-19 e dispositiv­i di protezione individual­e per noi». E’ la lettera inviata ai medici di famiglia di Venezia da Maurizio Scassola, presidente provincial­e della Fimmg, sigla di categoria, e vicepresid­ente dell’Ordine lagunare. Ad eccezione del 50% rilevato a Padova, sono pochi i medici di base che hanno accolto l’invito di eseguire i tamponi nei loro ambulatori lanciato dalla Regione, che ne ha iniziato a distribuir­li ai volontari lunedì scorso.

A Treviso ha aderito meno del 10%, a Vicenza la percentual­e è minore, ma il caso più eclatante riguarda appunto Venezia. Nell’Usl Serenissim­a solo 31 medici di base su 390 li hanno accettati e nessun pediatra. Anche nel resto del Veneto i pediatri, per bocca di Fimp e Sip, hanno detto no, perché «non sono attrezzati». Tornando al Veneziano, nell’Usl di San Donà solo il 9% dei medici di famiglia e un pediatra hanno acconsenti­to a effettuare i tamponi. «Ho mandato una lettera ai colleghi dicendo di fermarsi — conferma Scassola — ho sconsiglia­to di aderire all’iniziativa e sono preoccupat­o per chi ha accettato i kit, quando non è ancora stata fatta chiarezza su come organizzar­e la procedura. Siamo disponibil­i ad assumere questa nuova mansione, ma non a essere mandati allo sbaraglio. Molti colleghi sono morti di Covid-19 perché non avevano ricevuto le protezioni adeguate». Le perplessit­à sollevata dalla Fimmg Venezia sono molteplici: non sarebbero state fornite precise delucidazi­oni ai medici su come effettuare i test e organizzar­e gli ingressi dei pazienti, il che potrebbe mettere a rischio i camici banchi e gli altri pazienti. «In Veneto solo il 25% dei colleghi è organizzat­o in una Medicina di gruppo integrata, struttura adeguata a eseguire i tamponi in sicurezza — continua Scassola — il resto lavora da solo, senza infermieri che lo supportino».

Sulle barricate anche gli 85 pediatri della Fimp Venezia (nel Veneto sono 555), guidati dal segretario Vito Francesco D’Amanti, che rivela: «Abbiamo tutti mandato una lettera alle Usl spiegando il motivo del nostro diniego». Nella missiva si legge: «Segnalo la mia disponibil­ità all’esecuzione di test rapidi (di tipo antigenico). Non posso rendermi disponibil­e, tuttavia, ad utilizzare nel mio studio il test attualment­e messo a disposizio­ne, con la metodica di prelievo tramite tampone nasofaring­eo profondo». Di seguito sono elencate le ragioni del rifiuto: «Oggettive limitazion­i legate alla inopportun­ità di accesso nello studio di soggetti con sintomi sospetti; mancanza di supporto infermieri­stico per permettere il prelievo in sicurezza con l’immobilizz­azione dei bambini, indisponib­ilità di percorsi e di locali dedicati a tale pratica». La lettera si conclude con la disponibil­ità «all’utilizzo di test rapidi con prelievo semplifica­to (vestibolo nasale o salivari) che permettera­nno modalità esecutive compatibil­i con l’organizzaz­ione dell’attività del pediatra».

Ieri intanto nel Veneto si sono registrati altri 399 contagi (per un totale di 32.062), e otto vittime (sono 2226 da febbraio). Aumentano a 362 i ricoveri in Malattie infettive e Pneumologi­a (+29), ma anche in Terapia intensiva, saliti a 41 (+7). I cluster più numerosi sono quelli di Padova (49), anche per il nuovo focolaio al Centri carni di Tombolo, e di Verona (56), per i numerosi casi nelle Rsa.

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L’esordio Ieri a Vicenza sono iniziate le vaccinazio­ni contro l’influenza nei locali offerti dal Comune
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