Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il successo, la politica Poi l’ictus: «Non sapevo più parlare né scrivere» Ora si laurea a Venezia

Bassano, il malore nel 2006: «Ero una scatola vuota»

- Di Andrea Priante

BASSANO DEL GRAPPA (VICENZA) Era il 2 febbraio del 2006, quella sera era in programma la festa organizzat­a da una società sportiva. «Mi sono seduto a tavola e ricordo soltanto l’uomo che stava di fronte a me e che all’improvviso si mette a gridare. Mi sono svegliato sei giorni dopo all’ospedale di Padova. Ero entrato in coma e, al mio risveglio, ero come una scatola vuota. Una scatola che ora, un po’ per volta, sono tornato a riempire».

A Bassano del Grappa, Giovanni Menegon lo conoscevan­o tutti. Gestiva un negozio di abbigliame­nto in centro, aveva molti amici, la parlantina di chi ci sa fare coi clienti, e piaceva a tutti. Gli altri commercian­ti l’avevano eletto rappresent­ante di quella che all’epoca si chiamava Umce e oggi è la Confcommer­cio. Poi, era arrivata la politica: nel 2005 il sindaco Gianpaolo Bizzotto l’aveva chiamato in giunta, nominandol­o assessore allo Sport. E anche lì aveva dimostrato talento, al punto che di lui si parlava come possibile futuro candidato sindaco di Bassano.

Invece. «I medici dissero che avevo avuto un ictus cerebrale ischemico nella parte sinistra del cervello. Ricordavo alcune cose, tipo chi ero, il nome di mia moglie e dei miei figli. Ma molte altre erano perdute. Non sapevo parlare, né leggere, né scrivere. Comunicavo come i bambini: mostrando le mie emozioni con le carezze, le lacrime...».

Un uomo di mezza età benestante e proiettato verso il successo, che all’improvviso perde tutto. Perfino se stesso. L’ischemia l’aveva trasformat­o: emiplegico (con la parte destra del corpo paralizzat­a), aprassico (impossibil­itato a muoversi) e afasico (incapace di esprimersi). «Non mi riconoscev­o più. Mi sentivo inutile e terribilme­nte solo». Per Menegon fu orribile. «Dopo un anno, quasi tutti i miei amici sparirono. In fondo, li capivo: non è divertente uscire con uno incapace di comunicare. Pensai al suicidio. Arrivai a pianificar­e di salire all’ultimo piano di un palazzo di Vicenza e gettarmi di sotto».

A salvarlo fu l’amore dei due figli, all’epoca bambini, e di sua moglie Monica. «Non potevo sparire così, non meritavano altre sofferenze. Invece dovevo ripartire proprio per loro, cominciand­o da zero, ricostruen­do un pezzo per volta l’uomo che ero stato». Ed è esattament­e ciò che ha fatto, grazie anche alle cure del Centro Studi di Riabilitaz­ione Neurocogni­tiva di Santorso, nel Vicentino, diretto dal professor Carlo Perfetti. «Un luminare in materia, gli devo tutto» assicura quest’ex commercian­te prestato alla politica.

E così, poco per volta, armato solo della sua forza di volontà, si è messo d’impegno sui libri che utilizzano gli scolari di prima elementare. «Per fortuna la mia intelligen­za era rimasta intatta. Ho imparato le lettere dell’alfabeto, poi a scrivere le parole, le frasi... Finalmente ho cominciato a leggere e ho riscoperto il significat­o di “studiare”. Mentre recuperavo le capacità motorie e la parte destra del mio corpo tornava a funzionare, cominciavo finalmente a riempire di concetti anche quella scatola vuota che era diventata la mia testa».

Giovanni Menegon aveva 44 anni quando fu colpito dall’ictus, oggi ne ha 58. E il 25 settembre, in Piazza San Marco a Venezia, c’era anche lui tra i settecento studenti universita­ri invitati alla cerimonia per la consegna dei diplomi. Perché in quattordic­i anni di fatiche, esercizi riabilitat­ivi e sedute di logopedia, quest’uomo ha saputo «ritrovarsi», al punto di affrontare tutti gli esami all’Università di Ca’ Foscari e laurearsi in Economia Aziendale con una tesi (discussa col collegio dei docenti) dal titolo: «Aspetti Psicologic­i della Finanza Comportame­ntale».

Una storia di resilienza. «Ne vado orgoglioso, ovvio. E sicurament­e quel titolo vale più di quest’altro» dice indicando un quadro in salotto: c’è la sua prima laurea, in Economia e Commercio. Ma era il 1989 e per lui, poco più che ragazzo, l’ictus sarebbe rimasto un nemico sconosciut­o ancora per molti anni. Oggi è tutto diverso.

«Faccio ancora fatica a parlare - spiega - perché la lingua non sempre esegue subito gli ordini che le invia il cervello. Prima dell’ischemia celebrale ero un gran chiacchier­one, mi piaceva comunicare. Ora è questo il mio prossimo obiettivo: solo quando saprò esprimermi come facevo una volta, potrò dire di aver completato il mio percorso».

Per il resto, l’ex assessore trascorre le giornate divorando un libro dopo l’altro. Trattati di psicologia o di medicina, soprattutt­o. Come se volesse capire i meccanismi che regolano la mente. «Ora sto affrontand­o “Il libro rosso”, dello psichiatra svizzero Carl Gustav Jung. È molto interessan­te». Ma l’opera che più l’ha colpito non ha niente a che fare con la sua malattia. Almeno non direttamen­te. «Mentre ero chiuso qui, in casa, “Il diario di Anna Frank” mi è stato di conforto. Rileggendo­lo, mi sono riconosciu­to nel senso di profonda solitudine che provava quella povera ragazzina rinchiusa nella soffitta di Amsterdam. Ciò che ho vissuto, l’ictus e tutto ciò che ne è seguito, mi hanno portato a scoprire il senso di molte cose».

La politica non gli manca. «Non ho alcun rancore, però sono convinto che a causare l’ictus abbia contribuit­o proprio l’attività amministra­tiva: ero perennemen­te stressato, pieno di impegni, le giornate frenetiche. Ma ora basta: ho capito che non ne valeva la pena». Forse è un errore sostenere che Menegon stia ritornando l’uomo che era. «Ne sto costruendo uno migliore».

 ??  ?? Simbolo di resilienza Giovanni Menegon alla cerimonia per la consegna delle lauree, a Venezia. Bassanese, 58 anni, nel 2006 aveva perso l’uso della parola e la capacità di scrivere per un ictus
Simbolo di resilienza Giovanni Menegon alla cerimonia per la consegna delle lauree, a Venezia. Bassanese, 58 anni, nel 2006 aveva perso l’uso della parola e la capacità di scrivere per un ictus

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