Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Basket, Treviso piange Yomi Era il pivot della promozione

Il nigeriano giocò con la Benetton nel 1984/85, è morto a 61 anni

- Matteo Valente

Era l’autunno del 1984. Il Palaverde era fresco di inaugurazi­one e la Benetton era ancora ben distante dai fasti degli Anni Novanta. Era la squadra allenata da Massimo Mangano, arrivato sulla panchina biancoverd­e per provare a conquistar­e il salto in A1. La stagione non iniziò bene: le prime sconfitte, un gioco poco incisivo e l’infortunio alla stella americana Marcel Starks a complicare i piani. La dirigenza trevigiana corse subito ai ripari e portò a Treviso Yomi Sangodeyi, allora 25enne lungo nigeriano, provenient­e dal Sam Houston State. Con i suoi oltre 300 punti contribuì a trasformar­e il sogno in realtà, portando Treviso in serie A. «Ricordo bene Yomi – confida Paolo Pressacco, suo compagno di squadra assieme all’attuale presidente di Tvb, Paolo Vazzoler – arrivò per sostituire Starks che era il pivot americano attorno a cui era stata costruita la squadra. Si fece male, avevamo inanellato una serie di sconfitte, e le cose non funzionava­no bene. Pensate che quando Yomi arrivò e seppe di un altro infortunio disse scherzando che bisognava fare un “sacrificio” contro il malocchio del Palaverde. E assieme al notaio Fumo facemmo anche una mezza seduta per esorcizzar­e gli infortuni».

Yomi era un giocatore semplice che entrò nel cuore dei tifosi trevigiani che in questi giorni lo ricordano con profonda tristezza: Sangodeyi è morto a 61 anni e la sua scomparsa è stata annunciata dalla moglie, la notizia è arrivata con un tam tam fra i suoi tanti tifosi che hanno avuto modo di conoscerlo oltre che a Treviso anche con le canotte di Firenze, San Sebastian e Tenerife in Spagna, per poi passare in Israele, Svezia e Brasile. «Era un ragazzo molto simpatico, in quei tempi le squadre erano composte di italiani che cercavano di far ambientare al meglio gli stranieri – ricorda Pressacco –. Un ragazzo simpatico, disponibil­e e molto aperto. Ricordo che lo accompagna­i a comprare una catenina d’oro, che pensavamo tutti fosse per la moglie: invece era per lui». Giocatore molto diverso da Starks, con il suo arrivo Sangodeyi fece cambiare marcia alla Benetton: «Di fatto non perdemmo più e alla fine conquistam­mo quell’incredibil­e promozione in serie A1. Lui poi continuò in altre squadre. L’ho rivisto cinque anni fa durante l’Adidas Eurocamp: aveva il sogno di fare il procurator­e e provare a portare in Europa qualche giocatore africano importante». Magari proprio a Treviso, dove i tifosi l’avevano accolto con grande affetto, e dove in questi giorni sui social lo ricordano con il coro a lui dedicato: «Oh Yomi Yomi…».E pensare che quando era arrivato nella Marca, per presentars­i al meglio aveva persino detto di essere uno dei cugini del celebre Hakeem Olajuwon, uno dei primi africani ad aver fatto strada nel mondo dell’Nba: «Permetteva di esaltare le caratteris­tiche del resto della squadra», conclude Pressaco.

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Amarcord Yomi Sangodeyi assieme a coach Massimo Mangano con la Benetton 1984/85 (archivio)

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