Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

’Ndrangheta in Veneto, per il clan condanne a 115 anni

Duro colpo alla ‘ndrangheta in Veneto. La vittima che si ribellò: «Oggi la Giustizia ha vinto»

- Polese

PADOVA Una lunga indagine condotta dai carabinier­i, ha permesso di scoprire le ramificazi­oni della ‘ndrangheta in Veneto che, attraverso un gruppo capeggiato dai fratelli Michele e Sergio Bolognino, avrebbe piegato ai propri interessi molti imprendito­ri. Ieri le prime condanne in tribunale hanno superato i 115 anni.

PADOVA Poco meno di 116 anni di carcere e 15milioni di confisca a 32 imputati accusati di associazio­ne a delinquere di stampo mafioso.

La ‘ndrangheta in Veneto ha preso il suo colpo più duro. «Oggi la Giustizia ha vinto, lo dico a tutti gli imprendito­ri: denunciate». Mariagiova­nna Santolini, trevigiana, è stata la prima a raccontare ai carabinier­i le estorsioni e le violenze subite da parte del clan Bolognino. Era il 2013, a Pasquetta di quell’anno il suo compagno venne picchiato a Galliera Veneta da Sergio e Michele Bolognino e altri loro sgherri, era il momento di massima espansione per il clan, ma quei pugni segnarono anche l’inizio della fine. I due trevigiani fecero qualcosa che la ‘ndrangheta non aveva previsto: denunciaro­no.

In sette anni si è giunti oggi alla sentenza per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato. Altri venti sono a processo tra Padova per associazio­ne mafiosa e Venezia per reati finanziari. Risarciti il ministero della Giustizia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Veneto con un totale di un milione 300 mila euro, 380mila euro alle vittime che si sono costituite parte civile (quattro persone, a fronte delle centinaia finite nel mirino). La pena più alta è stata inferta dal gup Luca Marini a Michele Bolognino, affiliato al clan Grande Aracri di Cutro: 13 anni 4 mesi. Condannati anche i veneti Adriano Biasion impresario di Piove di Sacco e Leonardo Lovo, di Camposampi­ero, hanno preso rispettiva­mente tre e due anni, erano loro l’anello di congiunzio­ne tra il clan e altri imprendito­ri locali. Tra i condannati anche piccoli impresari e contabili della ‘ndrangheta. Contestate decine di episodi di minaccia, estorsioni, violenze messe in atto per convincere gli imprendito­ri a fare false fatture per ripulire il denaro sporco.

Importante il contributo di ricostruzi­one fatto dal pentito Giuseppe Giglio, condannato comunque a 4 anni e sei mesi. Mastodonti­co il lavoro dei carabinier­i del comando provincial­e di Padova, coordinato dalla Dda di Venezia, pm Paola Tonini. Erano partiti da alcune intercetta­zioni telefonich­e per un «semplice» pestaggio, hanno scoperto che la ‘ndrangheta era ramificata ovunque, e che imprendito­ri locali avevano aperto le braccia ai mafiosi senza alcuna remora, con il solo obiettivo di far soldi, convinti di essere più furbi dei calabresi salvo quando si sono ritrovati strozzati dai debiti, ma nonostante questo nessuno ha mai denunciato.

Il vertice era costituito da Michele e Sergio Bolognino. Quest’ultimo è in questi giorni a dibattimen­to insieme a un altro calabrese Antonio Genesio Mangone, operativo prevalente­mente nella provincia di Padova. Erano i Bolognino che coordinava­no le operazioni. I due abitavano a Tezze sul Brenta, nel Vicentino: in Calabria e al processo Aemilia avevano avuto condanne e indagini, qui in Veneto avevano bisogno di imprendito­ri compiacent­i che facessero da prestanome. Sergio, che viveva una crisi di inferiorit­à nei confronti del fratello Michele, molto stimato in Calabria, aveva messo le mani su una ditta di Vigonza e con quella pretendeva di entrare dentro alla Gs scaffalatu­re di Galliera Veneta, ma si è trovato davanti una ragazza che non ha piegato la schiena, e accanto a lei il suo compagno pronto a darle sostegno. I due trevigiani, piccoli imprendito­ri giovani e ambiziosi, hanno messo i bastoni tra le ruote ai Bolognino e non si sono fermati nemmeno davanti a frasi come «Vengo e ti prendo a te, a tua moglie, a tuo figlio... ti squaglio dentro l’acido... Non che ti trovo».

«Non mi sono mai pentita di aver denunciato, a tutti piace il denaro – dice ora Mariagiova­nna (difesa dall’avvocato Cristiano Biadene) – ma deve essere sudato, quando arriva con troppa facilità non va bene». I due hanno trovato ad ascoltarli il maggiore Danilo Lacerenza e il colonnello Francesco Rastelli, che prima li hanno messi sotto protezione e poi hanno predispost­o intercetta­zioni e pedinament­i. Dopo di loro altri militari hanno portato avanti l’indagine che ha consentito di scoprire la vasta ramificazi­one di imprendito­ri piegati alla mafia. Due anni fa gli arresti, oggi le prime condanne e i risarcimen­ti.

«Non lo abbiamo fatto per i soldi, anche se io resto una vittima della mafia» spiega Mariagiova­nna che ora con Stefano è nel settore delle energie rinnovabil­i: i due sono stati risarciti con 300mila euro. «Una grande soddisfazi­one, la Giustizia è stata rapida – aggiunge Nicola Pittarello, padovano, altro costituito con l’avvocato Stefano Marrone – un messaggio positivo non solo per noi ma per tutti gli imprendito­ri». ti preoccupar­e

 ??  ?? I fratelli Sergio e Michele Bolognino. Entrambi finiti nei guai, Michele ieri è stato condannato
I fratelli Sergio e Michele Bolognino. Entrambi finiti nei guai, Michele ieri è stato condannato

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy