Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Sindaci e Fiere sul piede di guerra

- Zambon

VENEZIA Sindaci-sceriffi con licenza di chiudere le piazze della movida. Ad eccezione di Vicenza (su Monte Berico) è una mezza rivolta. L’Anci: «Non siamo parafulmin­e di Roma». Sul piede di guerra anche le Fiere orfane dei congressi.

VENEZIA La nottata è stata lunga ma l’alba del nuovo Dpcm è stata a dir poco convulsa. Con i sindaci che, fino alla penultima versione «definitiva» del decreto presidenzi­ale, figuravano come titolati a chiudere le piazze della movida. Ma poi... colpo di scena dopo la mezzanotte: il testo finale recita «può essere disposta la chiusura al pubblico dopo le ore 21». Soggetto? Di fatto sempre i sindaci ma non esplicitam­ente. Apriti cielo. «I sindaci fanno la loro parte ma non quella di parafulmin­e del governo» tuona Mario Conte, presidente di Anci Veneto, che sottolinea l’unico aspetto incontrove­rtibile: le casse dei Comuni piangono e soldi per assumere altri vigili non ce ne sono. Si indigna Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia: «Il nuovo Dpcm è la solita norma confusa» e, ancora, «il governo è nel panico» e «parlano solo con i sindaci della loro parte».

La smentita (involontar­ia) arriva dal sindaco di Belluno, outsider di sinistra, Jacopo Massaro, che non si tiene: «Una misura non concordata, assurda e totalmente inapplicab­ile. Ci chiedono di fare i chirurghi con cacciavite e carta vetrata. Ecco perché siamo arrabbiati». Anche Padova (centrosini­stra), seppur con toni più pacati, annuncia col vicesindac­o Andrea Micalizzi, che no, al momento le piazze non si chiudono, si controllan­o come si è fatto fin qui. A difendere il Dpcm c’è il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, che ribadisce: «Non esiste alcuno scaricabar­ile». Più pragmatico l’approccio del sottosegre­tario all’Interno con delega agli Enti Locali, il vicentino dem Achille Variati: «Lo Stato non abbandona i Comuni né li investe di responsabi­lità improprie: i sindaci saranno supportati in tutto dai Prefetti».

Curiosamen­te, è proprio Vicenza a recepire, unico capoluogo, l’assist del governo. Oggi è in programma un vertice del Comitato ordine e sicurezza provincial­e in Prefettura a Vicenza per deliberare lo «sgombero» dopo le 21 del piazzale della Vittoria antistante il santuario di Monte Berico dove si è ormai spostata la movida cittadina. «Non vogliamo intervenir­e a caso, - ha spiegato il sindaco Francesco Rucco - ma con scelte ponderate in base alle situazioni di maggior rischio per la salute, cercando di evitare assembrame­nti». Di tutt’altro avviso Federico Sboarina, collega di Verona, che denuncia: «Nel Dpcm ci sono palesi contraddiz­ioni e il problema in una città turistica come Verona non può essere liquidato solo con la movida». Imbufaliti non sono solo i sindaci. Ieri, sulle

barricate, ci sono tornate le Fiere. Nel Dpcm sono consentite quelle nazionali e internazio­nali (così classifica­te dalla Regione) quindi non rischiano Auto e moto d’epoca in programma dal 22 al 25 ottobre a Padova o Fieracaval­li a Verona spalmata su due weekend. Tutto bene? Non proprio. Il Dpcm spazza via il settore del congressua­le e della convegnist­ica, che è il cuore pulsante delle manifestaz­ioni fieristich­e. Non a caso Anefi, l’associazio­ne nazionale degli enti fieristici, si riunisce d’urgenza stamattina presieduta dal veronese Maurizio Danese. In una manciata d’ore avrebbe annunciato il rinvio a data da destinarsi «Innovabiom­ed», in programma a Verona dal 26 al 27 ottobre. A Padova si sta lavorando a tempo di record per convertire il convertibi­le in eventi on line, come per Green Logistics visto che la fiera patavina si era già munita di una piattaform­a virtuale per fare sia i talk che il matching con gli espositori. Stesso copione a Verona, dove si corre e si attende un’interpreta­zione autentica. Il turismo urla il suo grido di dolore con Marco Michielli, Federalber­ghi: «Questa è la mazzata finale sul congressua­le». Non si capacita Roberto Marcato, assessore delegato alle Fiere: «Dobbiamo vivere con e non contro il Covid. Il modo di fare le cose per bene c’è, come alla Fiera di Arsego, ma è più facile chiudere tutto. Non possiamo permetterc­elo».

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