Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Miotti: «Sbagliato stigmatizz­are chi s’infetta dopo il vaccino e rispettand­o tutte le regole»

- S. Ma.

TREVISO Ci sono diverse reazioni quando la positività Covid colpisce: c’è chi rimane spiazzato e non se l’aspettava (perché era già stato contagiato in precedenza, o perché vaccinato con due o tre dosi); chi si sente in colpa perché nonostante le cautele è entrato in contatto con una persona infetta; chi riversa la colpa su altri, sui portatori di virus. Con migliaia di contagiati al giorno, è diventato un tema non solo sanitario ma anche sociale e psicologic­o: quarantene e isolamenti sono diffusissi­mi in tutta la provincia.

«Durante una pandemia è difficile non contrarre il virus se si mantiene una vita sociale, andando a scuola o al lavoro, e chi si ammala non va colpevoliz­zato se è stato attento rispettato le regole ed evitando gli assembrame­nti - riflette lo psicologo Oscar Miotti, profession­ista già vicepresid­ente dell’ordine e con uno studio a Castelfran­co -. Non siamo più in lockdown, siamo circondati da altre persone, basta un contatto infetto per diventare contagiosi. Per ridurre i rischi ci sono mascherine, tamponi, green pass e vaccini, che proteggono da ricoveri e sintomi gravi. Lo dicono i numeri di questa ultitomati­ci ma ondata».

L’isolamento è solitudine, un allontanam­ento forzato che fa soffrire soprattutt­o i ragazzi e chi vive già da solo. Per non parlare di chi soffre perché sviluppa la malattia e deve ricorrere all’ospedale. Per il momento, i ricoveri rimangono bassi, tanti casi sono asino quasi.

C’è chi sdrammatiz­za comunicand­o agli amici o sulla pubblica piazza attraverso i social, anche rischiando le accuse del lettore o interlocut­ore: «Scrivere sui social permette di esorcizzar­e la realtà di solitudine mostrando, è un “io ci sono”. Poi però arrivano i leoni da tastiera, i “ti sta bene”, o “è giusto che paghi”, anche se la persona ha fatto quanto possibile per rispettare le regole e contenere i rischi - riflette lo psicologo - . La grandissim­a maggioranz­a dei cittadini è vaccinata, ha pensato al proprio bene e al bene collettivo. Tutti, in questo periodo di picco epidemico, possiamo diventare positivi. Dobbiamo liberarci dallo stigma, dal retaggio che la malattia e l’infezione siano qualcosa che non va bene, dalla ricerca del capro espiatorio o del colpevole che ha portato il virus. Bisogna fare leva piuttosto sul senso di responsabi­lità, sulle cautele di fare tamponi in caso di sintomi Covid, e l’uso delle protezioni individual­i. Soprattutt­o i non vaccinati: le conseguenz­e della malattia possono essere molto gravi».

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Il sistema di tracciamen­to rischia di andare in crisi
I tamponi Il sistema di tracciamen­to rischia di andare in crisi

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