Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Bike lane e cartelli in strada il Veneto fa passi avanti Ma il buco nero è fuori città

Protezione dei ciclisti, i progressi e il nodo dell’extraurban­o

- Di Silvia Madiotto

VENEZIA Per chi si sposta in bicicletta (per studio, per lavoro, per diletto) i centri urbani garantisco­no percorsi sicuri, adeguati alle esigenze di ciascuno: ci sono corsie ben identifica­te, loghi e cartelloni­stica, e di contorno velocità ridotte. Non è un caso se sono così frequentat­i: a Nordest le persone che usano la bicicletta quotidiana­mente sono più del doppio rispetto al resto d’Italia. Fuori dalle città, però, sulle strade provincial­i e regionali, dove sfrecciano macchine, furgoni e tir, la situazione cambia. I ciclisti rischiano ogni giorno: mancano le infrastrut­ture, e soprattutt­o l’attenzione a chi non viaggia su veicoli a motore.

La tragica morte di Davide Rebellin ha riacceso la discussion­e sulla sicurezza in strada per le biciclette e l’ex campione Francesco Moser ha chiesto maggiori investimen­ti sulle corsie protette e segnalate: «Una linea tratteggia­ta di colore diverso a bordo strada da rispettare in caso di sorpasso di un ciclista». Perché, dice, «il metro e mezzo di distanza che auto e camion dovrebbero tenere è solo teoria». E anche i ciclisti medagliati del Veneto nel 2022 ieri hanno lanciato lo stesso appello: «Più sicurezza per chi va in bici, è un’esigenza indifferib­ile, la morte di Davide non sia inutile» ha detto Sandro Cecchin, presidente della federazion­e regionale.

Il rapporto «Clean Cities 2022» si apre con la frase «Non è un Paese per bici», ricordando che l’Italia investe per le automobili cento volte più che per le biciclette. Ma se a livello nazionale ci sono carenze evidenti e urgenze ignorate, il Veneto non se la passa male. I capoluoghi sono fra i primi trenta in Italia e Venezia, fra le città metropolit­ane, è quella con il miglior rapporto di ciclabili ogni 10 mila abitanti (6,4 chilometri, su un totale di 164 esistenti). Guida la classifica dei capoluoghi di provincia Padova con 178 km totali, 101 sono a Verona, 65 a Vicenza, 61 a Treviso, 24 a Rovigo, 21 a Belluno. «In questi ultimi dieci anni nei centri abitati molto è stato fatto - spiega Antonio Dalla

Venezia, presidente di Fiab Veneto -. Fra piste e corsie ciclabili, sistemazio­ne delle criticità e interventi per la moderazion­e del traffico, ci sono stati decisi passi avanti». I Comuni sono i principali alleati dei ciclisti con interventi sulla viabilità ordinaria:«Dimostrano sensibilit­à al tema, talvolta su spinta delle comunità, ragionano su spazi più stretti quindi non sempre si possono fare grandi opere ma l’attenzione c’è - continua il presidente -. Fino a due anni fa si parlava solo di ciclabili separate con un cordolo, poi nel 2020 è iniziata una nuova fase, con un approccio più light e con le bike lane». Padova è stata fra le prime a sperimenta­rle: oltre a detenere il record nazionale di ciclabili in proporzion­e al territorio, ha introdotto queste corsie ciclabili che restringon­o la carreggiat­a creando uno spazio per le bici, col doppio risultato di costringer­e i veicoli a rallentare e, ovviamente, dare una tutela maggiore a chi si muove sui mezzi ecologici. Diversi Comuni del Vicentino invece hanno affisso dei cartelli lungo le strade: «Attenzione. Strada frequentat­a da ciclisti», con l’indicazion­e di buon senso di mantenere almeno un metro e mezzo di distanza da chi è in sella. Ma nonostante i cantieri e le iniziative dei municipi, è un Veneto a due facce: una è quella delle strade urbane, sicure e pensate anche per le bici; l’altra è quella delle extraurban­e, fuori dalle città, dedicate quasi esclusivam­ente ai mezzi pesanti, ignorando che potrebbero essere adattate anche per altri utenti. «Ci sono grandi arterie, molto trafficate, che sono l’unico collegamen­to fra piccoli Comuni. È qui che bisognereb­be intervenir­e in modo struttural­e e, soprattutt­o, rafforzare i controlli su chi è alla guida. Quando ci sono delle regole bisogna farle rispettare o il limite di 30 km/h, i rallentato­ri, le corsie ciclabili e le indicazion­i di procedere con attenzione servono a poco». Se le macchine corrono e la ciclabile non è separata dalla strada, basta invadere la corsia pochi attimi per causare un incidente. «Ogni contesto ha la sua ricetta - continua il presidente -. Certo, è un lavoro lungo e delicato, ma è così che si dimostra attenzione alle bici. Migliorare i percorsi per le due ruote significa incentivar­ne l’uso, riducendo traffico e inquinamen­to».

Tutti, a parole, promettono grandi investimen­ti sulla mobilità sostenibil­e, ma perché le opere si realizzino servono fondi. E il governo ha appena cancellato 94 milioni di euro di fondi per le ciclabili urbane. «Quel fondo va ripristina­to – annota Susanna Maggioni, presidente di Fiab Treviso -. La transizion­e delle nostre città verso una mobilità sostenibil­e e a zero emissioni non può essere più procrastin­ata. Più persone utilizzano la bicicletta, più siamo tutti al sicuro».

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