Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
De Carlo: l’agricoltura di montagna ha futuro
Il senatore FdI: «L’Ue ostacola ma in Cadore abbiamo giovani imprenditori fra digitale e tradizione»
BORCA DI CADORE «Un terzo del bilancio della Comunità Europea va all’agricoltura, ma per il sostegno alla produzione va solo il 15 per cento, il resto per s mettere di produrre o per produrre di meno quando gli Stati Uniti producono sempre di più, la Russia da paese importatore di grano nel 2000 ha raddoppiato la produzione e con il cambiamento climatico aumenterà ancora ed è divent a to p r i mo e s p o r t a to re ne l mondo, vende alla Cina che riempie i silos per fare approvvigionamenti e usarlo per aumentare i prezzi e per regalarlo ai Paesi del Medio Oriente e farne strumento di geopolitica».
Il senatore di Fratelli d’Italia, Luca De Carlo, è un fiume in piena. Interviene all’incontro sul tema «Il valore delle aziende agricole di montagna», organizzato da «Welcome Dolomiti» e dall’Hotel «Boite» nella sala progettata dall’architetto Gellner nella struttura a Borca di Cadore. L’attualità porta il parlamentare e sindaco di Calalzo a spingersi dal Cadore fino a Bruxelles.
«L’Europa — sottolinea il presidente della commissione Agricoltura a Palazzo Madama — invece cosa ha fatto? Tutte le norme possibili e immaginabili per smettere di produrre in nome della sostenibilità ambientale quando se non l’accompagniamo con la sostenibilità economica arriveremo a pagare la gente per fare i giardinieri».
Ospiti della serata, oltre al senatore di Fratelli d’Italia, tre giovani rappresentanti di altrettante aziende che rappresentano il fiore all’occhiello di una rinata vocazione agricola in Cadore: Enrico Pordon dell’azienda agricola «Sanwido» a San Vito di Cadore, Matteo Talamini della «Damos» a Valle di
Cadore e Matteo Talamini dell’azienda «Talamini» a Vodo di Cadore. Nate in tempi recenti in un territorio che ha visto il tramonto di un settore per lunghi anni trainante ma da tempo in crisi, quello dell’occhialeria, ma anche per scommettere su un’agricoltura proiettata nel futuro. De Carlo, che ben conosce queste tre realtà in crescita esponenziale, lo rimarca: «Non possiamo pensare di fare agricoltura come si faceva a inizio del secolo e nemmeno come fanno in pianura: questo è un te r r i tor i o c he, per una c i nquantina d’anni, ha creduto in un’economia, quella dell’occhiale, che ha cancellato altre vocazioni. Era molto più semplice fare otto ore in fabbrica piuttosto che l’agricoltore o l’allevatore dove si lavora tutti i giorni dell’anno».
De Carlo conclude: «Oggi l’agricoltore deve fare tutto, pensare all’innovazione, mantenere la tradizione ma proiettarsi nel futuro… Leviamoci la sindrome di Heidi, siamo realisti».