Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
In acqua pulita
Venezia, le gondole e chi le fa: viaggio nel più antico, e tradizionale, squero «Solo i legni giusti, niente vetroresina, smalti ecologici, stop anche all’ottone»
Qui si costruiscono e riparano le gondole e, una volta, pupparini, sandoli, sciopòni e altre barche tipiche della tradizione lagunare veneziana.
Allo squero organizzano visite guidate. La visita dura
minuti Bisogna però prenotare con la mail
Quando l’antico è anche del tutto contemporaneo: in linea col modello di sostenibilità, responsabile e rispettoso dell’ambiente, basato sui principi di equità intergenerazionale e intragenerazionale. È un luogo che mantiene intatto il fascino d ’un tempo, un’attività secolare re s i l i e n te c he re s i s te . Lo squero di San Trovaso risale a prima del Seicento e rappresenta uno dei pochissimi ancora in funzione a Venezia. Un tempo usati per la costruzione di ogni tipo di piccola imbarcazione tipica della Laguna, oggi gli squeri limitano la propria attività alla produzione e alla r i par a z i one del l e gondole. Sorge lungo il rio omonimo nel sestiere di Dorsoduro, zona della città dogale che si distingue per lo spirito artistico — non a caso è quella del «miglio d’arte» con Gallerie dell’Accademia, Galleria di Palazzo Cini, Collezione Peggy Guggenheim e Pun
Il restauro delle gondole sotto la tradizionale tettoia ta della Dogana — ancora autentico, popolata da pittori, scultori, restauratori, curatori, storici, collezionisti, studenti, eredi ed ereditiere a stretto contatto. Sull’etimologia del termine squero ci sono varie ipotesi: verosimilmente l’origine deriva dal veneziano «squara», squadra di persone o anche dell’attrezzo che è fondamentale per quel mestiere; ma secondo altre fonti potrebbe derivare dal greco «eschariòn», che s i gnif i ca cantiere; o persino provenire dalla parola inglese «square» (quadrato), a indicare la forma delle tettoie in legno usate nei cantieri per tenere le imbarcazioni al coperto in caso di pioggia. Tettoia che ritroviamo nel l o squero di San Trovaso, ospitato nell’originale edificio dalla tipica forma delle case di montagna. Il motivo? Probabilmente i carpentieri maestri d’ascia, che trasformavano gli alberi in barche, e il legname da costruzione venivano dal Cadore.
Il caratteristico piazzale inclinato verso il canale per l’accesso delle imbarcazioni accoglie alcune gondole rovesciate che si stanno asciugando dopo la verniciatura. Dentro la rimessa gli «squeraroli» sono intenti alla riparazione di altri esemplari. Ma non ci sono argani o strumenti moderni di lavoro, le gondole vengono girate e varate completamente a braccia, così da rispettare l’eredità di una secolare tecnica professionale. «Noi cerchiamo — chiosa Lorenzo Della Toffola, 58 anni, concessionario dello squero San Trovaso — di mantenere la tradizione, continuando coi metodi di una volta».
Tradizione e passione, nel segno di quella sostenibilità come la condizione di uno sviluppo in grado di — da definizione - «assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri». A lavorare nello squero, oltre al titolare c’è suo figlio Alberto e altre due persone. Ancora oggi la costruzione di una gondola viene fatta rigorosamente a mano e richiede ben otto diversi tipi di legno e circa 500 ore di lavoro. Ogni barca è un’opera d’arte i cui segreti sono custoditi gelosamente dal suo squerarolo: non ci sono progetti su carta e tutte le gondole sono personalizzate in base alle esigenze dell’acquirente. Forma e dimensioni dell’iconica barca a remi dalla forma leggermente asimmetrica sono il frutto di un lavoro di perfezionamento tecnico che si è evoluto in secoli di storia. Oggi le caratteristiche sono fissate: lunga circa 11 metri, non più di 1,42 metri e un peso netto di 350 chili. È formata da 280 pezzi di legno tutti fatti a mano e da alcuni elementi di ferro.
«Ormai — continua Della Tof fo l a — c o s t r u i a mo una gondola all’anno. Non è facile trovare sul mercato i legni utili alla tradizione, non ci sono quasi più segherie che taglino tavole da 12 metri. Tutti ormai usano la vetroresina o il compensato marino, io cerco ancora di trovare il legname tradizionale: finché ci riusciremo, non abbandoneremo questa linea». Ci sono 433 gondolieri a Venezia che hanno bisogno della manutenzione che il cantiere veneziano può offrire. I problemi delle gondole ammalorate riguardano soprattutto la prua, che è la parte che cozza più facilmente. Poi la dipintura, che deve essere rifatta ogni due anni, a causa del sole e del salso della Laguna. «Gli smalti di oggi — spiega Della Toffola — sono diversi da quelli di una volta, ora sono green, senza piombo e altre sostanze cancerogene: ecologici, ma meno duraturi. Tutti i materiali sono cambiati, ad esempio le viti di ottone non si fanno più. Bisogna ingegnarsi»
. Alla visione di una capacità imprenditoriale, di un sapere antico che s’invera nel presente, ecco una proiezione virtuosa verso un futuro possibile per la città reale: sostenibile, agile, godibile. E in questa direzione c’è un altro aspetto da evidenziare. Nella città delle gondole non esiste un museo dedicato che ne racconti la s to r i a: lo squero di San Trovaso ne è l’essenza, ed è infatti spesso visitato (su pre not a z i one). Tutto questo si avvicina molto al concetto di turismo lento e sostenibile, che in molti auspicano. Venezia, che è intrinsecamente sostenibile, dove la mobilità avviene per lo più a piedi, i mezzi di trasporto pubblico sono efficienti e l’inquinamento acustico è ridottissimo rispetto ai normali centri urbani.
❝ Costruiamo una gondola all’anno. Non è facile trovare sul mercato i legni utili alla tradizione