Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Coprifuoco per i profughi «Vietato uscire di notte»
A Treviso rientrano alle 20, a Padova alle 23
VENEZIA Ogni prefettura può far rispettare una regola diversa. Fatto sta che dove ci sono concentrazioni di profughi, i rappresentanti del governo hanno deciso di imporre una sorta di coprifuoco. Alla caserma Serena di Casier (Treviso) e all’ex convento Costagrande di Grezzana (Verona) devono rientrare negli alloggi entro le 20, alla base di Cona (Venezia) alle 21, alla Prandina di Padova alle 23,15. E quelli accolti nelle piccole strutture? Per loro il coprifuoco non c’è, non destano preoccupazione sociale.
I rifugiati alloggiati da privati o da onlus non hanno limiti di orario
VENEZIA Non sono detenuti nè soggetti a particolari regimi di vigilanza, perciò di giorno i profughi possono andare dove vogliono. Ma la notte no. Nei centri di maggiore aggregazione scatta una sorta di coprifuoco: i 350 migranti ospitati nella caserma Serena di Casier (Treviso) devono rientrare alle 20 e non possono riuscire fino alle 8 del mattino dopo; stesso orario imposto nell’ex collegio Costagrande di Grezzana (Verona), che ne alloggia 450; nell’ex base militare di Cona per i 529 rifugiati presenti la «campanella» slitta alle 21, per rintoccare addirittura alle 23 alla caserma Prandina di Padova. Dove la prefettura ha sistemato circa 400 richiedenti asilo.
«Adottiamo limitazioni di orario previste dalla normativa statale, che ci consente di imporre agli ospiti regole di accesso, entrata e uscita dal centro di accoglienza — conferma il prefetto di Treviso, Laura Lega —. Siamo rigorosi nell’applicazione di queste disposizioni generali, che contemplano il pernottamento dentro la struttura di riferimento. Ogni prefettura può adottare l’orario che ritiene più opportuno, a seconda della necessità e dell’ubicazione del presidio di accoglienza». «Un provvedimento che ho accolto favorevolmente — dice il sindaco di Casier, Miriam Giuriati — ci aiuta a prevenire problemi di ordine pubblico e a contenere la paura di molti residenti, che continuano a lamentarsi. E anche a segnalare assurdità che mi fanno arrabbiare, per esempio il fastidio di vedere i migranti girare con le ciabatte infradito. L’obbligo di rientro notturno ci fa stare più tranquilli, come il presidio di carabinieri e polizia e ora stiamo aspettando che la prefettura sigli la convenzione per impiegare i rifugiati in lavori socialmente utili. Pensavamo di far loro ripulire i 45mila metri quadri di parco della Serena. Alcuni dei 19 profughi accolti invece nelle case di Unindustria — chiude il sindaco — da oggi (ieri, ndr) al 14 settembre presteranno servizio nelle cucine della sagra di Dosson».
Tornando al «coprifuoco», per Cona precisa la prefettura di Venezia: «I migranti hanno libertà di movimento durante il giorno ma alle 21 devono rientrare, altrimenti dopo 48 ore di assenza salta il programma di accoglienza. Il non rientro equivale alla rinuncia». A Grezzana sono organizzatissimi: la cooperativa «Spazio Aperto» di Bussolengo, che gestisce la comunità Costagrande, ha dotato ogni ospite di badge da esibire all’entrata e all’uscita, in mensa e per ricevere il pocket money e il kit di asciugamani. I rifugiati hanno inoltre ricevuto delle card colorate di accesso ai bus navetta che a determinati orari vanno e tornano da Verona. «Il sistema funziona, gli ospiti rispettano gli orari fissati — spiega Nadio Gobbo di «Spazio Aperto» —. E’ un metodo di controllo interno che consente una migliore gestione di una comunità così numerosa, ma che non intende far sentire prigioniero nessuno. I rifugiati sono liberi, devono però rispettare regole di convivenza necessarie a mantenere il loro benessere». Un concetto ribadito dalla prefettura di Padova: «Possono entrare e uscire dalla Prandina quando vogliono, però devono rientrare alle 23, per dare un ordine interno».
Ma il Comune, sulle barricate dall’inizio dell’emergenza perché contrario all’«invasione di clandestini», la vede diversamente. «Noi non sapevamo nulla di tutto ciò — sbotta Maurizio Saia, assessore alla Sicurezza — la prefettura non ci informa, ci tiene all’oscuro dei provvedimenti che adotta, non ci consulta. E noi siamo costretti a subire la scelta, unica in Italia, di mantenere una concentrazione così alta di richiedenti asilo in centro città, tra l’altro in uno spazio che il Demanio aveva promesso al Comune per realizzarci un parcheggio. E invece ogni giorno arrivano sempre più persone ed è fatto divieto perfino a noi amministratori di entrare a vedere cosa succede dentro la caserma. Almeno gli orari di rientro potevano concordarli con il Comune». «La Prandina è temporanea, se qualcuno ha una soluzione si faccia avanti, io sono pronta a discutere con tutti — replica il prefetto della città del Santo, Patrizia Impresa —. Se così non è, la cosa la risolvo io, le polemiche non mi scalfiscono. Io sono una che lavora e basta».
Ma cosa succede invece ai migranti sistemati nelle case messe a disposizione dai privati, da associazioni o dalle cooperative? «Non hanno orari, perché si tratta di piccoli agglomerati, non impattanti sul territorio — spiegano dalle prefetture —. Però il controllo c’è: operatori delle cooperative che hanno in gestione gli alloggi passano a diverse ore del giorno, oppure rimangono con i rifugiati anche otto ore, facendo svolgere loro diverse attività, come i corsi di italiano».
E gli altri?