Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Le domande non fatte e le insensate polemiche
Come certi librettini frettolosamente «equivalentisti» (per i quali è tutto uguale: mamma e papà, due papà, una mamma e un semino, una madre biologica e una surrogata, domani un mammifero a scelta e un alieno) si accompagna la criminalizzazione precauzionale di tutti quelli che parlano di un’amicizia tra un orso e un topo, di un bambino con i capelli di un colore diverso o con la curiosa abitudine di andare in giro tirandosi dietro un pentolino, e tutto ciò che può far riferimento a una qualche diversità o disfunzionalità. Un atteggiamento insensato e intollerante, anche a fronte di quello che nei casi peggiori è lo speculare approccio ideologico di certo politicamente corretto vagamente indifferentista (per cui tutto va bene perché tutto è uguale: che è diverso dal dire che i diritti di tutti vanno tutelati), e nei casi migliori è la tendenza a dare risposte prima ancora che i bambini abbiano formulato alcuna domanda.
Forse servirebbe altro che una sterile polemica. Da un lato la presa d’atto che la pluralizzazione dei modelli familiari (che include famiglie stabili e instabili, composite e ricostituite, con svariati riferimenti genitoriali o uno solo, eterosessuali o omosessuali), prima ancora che un timore o un auspicio, è un’evidenza culturale e anche statistica, di cui occorre tener conto. Dall’altro l’accettazione che ci sono questioni che toccano valori profondi, per le quali non esistono verità uniche e valevoli per tutti, in cui più che di risposte a senso unico c’è bisogno di buone domande e discussioni ben guidate, senza prevaricazioni culturali da parte di nessuno. Dando fiducia ai bambini, senza difenderli da nulla e senza voler inculcare loro una verità a tutti i costi, quale che sia, dato che spesso si mostrano più intelligenti di noi: nel fare domande senza pregiudizi e nel darsi le risposte, o valutare le nostre, senza necessariamente prenderle per buone.