Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Carte al vaglio. L’istituto: aiutiamo le indagini
Dalle inchieste spuntano posizioni vip «aiutate» fino al luglio scorso
Favoritismi ad alcuni soci-clienti facoltosi e imprese andati avanti fino al luglio scorso, quand’è finita l’era-Consoli a Veneto Banca. È quanto scaturirebbe dalle inchieste, amministrative e penali, sulla grande Popolare trevigiana. Ad almeno due persone fisiche e a un’impresa sarebbero stati concessi finanziamenti scontati per acquistare azioni dell’istituto, garantendoli con gli stessi titoli e poi rimborsando la differenza tra il prezzo di acquisto e il valore successivo svalutato. Veneto Banca ieri ha solo replicato che «non commenta e collabora con tutte le Autorità».
Qualcuno è più uguale degli altri. Se le indiscrezioni ieri pubblicate dal quotidiano «La Stampa» saranno confermate, la parafrasi della citazione dal libro «La fattoria degli animali» di George Orwell sarebbe stata applicata da Veneto Banca ai rapporti con i propri soci (circa 88 mila) e clienti. Da quanto riferisce il giornale torinese, che dichiara di aver visionato documenti interni dell’istituto di credito, ad almeno due persone fisiche e a un’impresa sarebbero state accordate condizioni di favore nell’acquisto di azioni della banca, nella concessione di linee di credito per tali operazioni e nella garanzia da perdite accumulate su questi titoli.
Niente a che vedere con la situazione di migliaia di altri soci che hanno comprato le azioni Veneto Banca a quotazioni galattiche, anche 40,75 euro cadauna, ora precipitate a 30,5 euro e in futuro, dopo lo sbarco in Borsa annunciato per la fine del gennaio prossimo, in predicato di calare ulteriormente (si parla di valori sui 10 euro).
L’istituto trevigiano, una delle maggiori banche nazionali, è da mesi oggetto di due ispezioni amministrative della Bce (Banca centrale europea) e della Consob (l’organo di vigilanza sulle società e Piazza Affari) oltre che di due inchieste penali delle Procure di Treviso e Roma per i reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Varerà un aumento di capitale da un miliardo di euro per stare in piedi. Anche per questo tiene un profilo basso. Dal quartier generale di Montebelluna ieri solo una nota: «Veneto Banca ribadisce la sua completa e piena collaborazione all’operato di tutte le Autorità, con commentandone mai l’operato».
Le indagini evidenzierebbero nella banca violazioni di norme del Codice Civile, del Testo unico bancario e di istruzioni della Vigilanza. Tutto in scena fino al luglio scorso, fino all’addio di Vincenzo Consoli, dominus della banca dal 1997 ad allora.
Tra queste «cattive pratiche» - scrive “La Stampa” - spiccano le posizioni importanti (per milioni di euro) di due privati e di un’impresa che avrebbero comprato azioni dell’istituto grazie a uno scoperto di conto corrente a condizioni «fuori mercato», garantendo il credito con le stesse azioni, una «partita di giro» vietata. Si tratterebbe dei cosidetti soci «finanziati» i cui investimenti i nuovi amministratori di Veneto Banca hanno estrapolato dal capitale: una partita da 110 milioni di euro nell’ultima semestrale, ma destinata a salire nel trimestre successivo, come annunciato dal neo-ad Cristiano Carrus.
Oltre ad altri comportamenti irregolari, spiccherebbe il rimborso in conto corrente (ancora fino all’estate scorsa) ad alcuni clienti-soci della differenza di valore tra quello «di carico», molto alto e quello successivo assai svalutato. Accrediti per centinaia di migliaia di euro giunti a pochi soci-clienti si presume Vip, mentre per gli altri tanti i pensionati che magari hanno investito i risparmi di una vita nelle azioni Veneto Banca - restano minusvalenze da capogiro.