Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
COMUNI, LA NUOVA COMPETIZIONE
Un pulviscolo s’aggira per il Veneto. L’aria sta proprio cambiando. E’ nato attorno ai piccoli Comuni, «vessati» da Berlusconi, Monti e Letta a mettere assieme funzioni e servizi. Già si dice che, in autunno, Renzi obbligherà tutti i Comuni fino a quindicimila abitanti. A quel punto, più del 90 % dei Comuni Veneti saranno, per legge, obbligati. Ma già oggi, legge o non legge, è tutto un fiorire di incontri, progetti, impegni ed il tema dell’unione o fusione dei Comuni è all’ordine del giorno un po’ dappertutto e senza distinzione di targa politica. E’ cambiata l’aria. E potrebbe produrre, niente meno, che un nuovo Veneto.
Previsione azzardata, ad oggi. Quando poche sono le Unioni (ultima la Castellana, in quel di Treviso) e ancor meno le fusioni (quasi tutte nel Bellunese). Ma vero è che il convoglio è partito, vero è che anche Comuni senza obbligo si sono uniti, vero è che sta cambiando la logica. La competizione a chi faceva per primo la zona industriale, il centro commerciale, la piscina comunale e via andando, è finita perché più o meno tutti son giunti al traguardo. E, una volta passato il traguardo, tutti sono fermi. E malmessi: capannoni vuoti, centri commerciali migranti, centri storici svuotati. Destino che riguarda un po’ tutti i Comuni del Veneto, piccoli e grandi. Ecco allora che comincia a insinuarsi una nuova idea di competizione: a chi è più grande. Cosa significa, per il Veneto, la nascita di una nuova città di oltre centomila abitanti in quel del Camposampierese? Significa un accesso diretto ai fondi europei. Significa una interlocuzione diretta con Regione e Stato. Significa, soprattutto, una marcia in più, un vantaggio competitivo, rispetto a chi è rimasto com’era e com’è. Sarebbero ribaltate le regole del gioco: in luogo di «piccolo è bello», «vince il più grande». Sempre competizione è, ma di segno nuovo e diverso. In palio, nuove gerarchie in un territorio che è stato ridotto a periferia di tutto e di tutti. E i «cosiddetti» grandi non potranno stare a guardare. Venuta meno Patreve; dissolte o sfiancate le istituzioni territoriali di banche ed associazioni; agli ex capoluoghi di Provincia rimane una dimensione che è grande solo in confronto ai piccoli. Ma se il convoglio dei piccoli parte, anche i cosiddetti grandi dovranno darsi una mossa. E chi sa che, nella periferia est di Milano, non sorga qualche «nuova» città dove valga la pena fermarsi, non solo passare.