Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Roiter, l’ultimo scatto del grande maestro
LA SCOMPARSA Si è spento a 89 anni nella sua Meolo il fotografo veneziano che riuscì a trasformare inquietudini ed emozioni in scatti indimenticabili Dalle foto sociali, al Brasile, l’Africa, Venezia: inchieste e successi internazionali
Il mago della luce, il «cantore di Venezia» che trasformava emozioni e inquietudini in foto, si è spento a Meolo all’età di 89 anni. «E’ morto serenamente», rivela la moglie Louise Embo. Carattere spigoloso, grande passione per le freddure, Roiter tra inchieste sociali e foto artistiche, ha narrato il mondo attraverso la sua macchina fotografica
Il mago della luce che trasformava emozioni e inquietudini in foto, aveva studiato chimica, specializzazione in idrocarburi. C’è anche questo paradosso nella vita (e nella carriera) del veneziano Fulvio Roiter, uno dei padre nobili della fotografia italiana. L’uomo che con i suoi scatti rubò l’anima di Venezia, accarezzò il cuore degli uomini e testimoniò i drammi nel mondo con libri e documentari che hanno fatto l’epopea della foto, è morto a 89 anni nella città che grazie al Circolo «La Gondola» lo aveva adottato dalla terraferma, a Meolo. I funerali si svolgeranno venerdì. «Fulvio è morto serenamente, senza alcun accanimento», sussurra la moglie e compagna di una vita, la fotoreporter belga Louise «Lou» Embo, madre di Evelin e Jessica, le figlie cui Fulvio ha trasmesso la passione per la bellezza.
Roiter aveva un carattere spigoloso. Memorabili le sue risposte stile freddure-aforismi. Comunicava con un eloquio d’altri tempi ma preferiva esprimersi con le immagini. Fulvio deve tutto ad un viaggio in Sicilia, a 27 anni. Per il padre, quello del fotografo non era un mestiere serio. Meglio la chimica. Ma Fulvio fece un patto con lui: se da quel viaggio come fotografo avesse trovato lavoro, bene. Altrimenti, avrebbe ripreso con gli idrocarburi. Bicicletta spedita a Palermo (un mitico ciclo Garelli) e bagaglio a mano. Risultato: duemila chilometri a pedalate in giro per l’isola, una lettera di pudori e centinaia di scatti spediti «La Guilde du Livre», la casa editrice di Losanna allora tempio sacro dell’immagine. Risposta: «Monsieur Roiter, vous etes trop modeste». Da quel giorno Fulvio non si è più fermato. Un centinaio di libri, il primo nel 1954, in bianco e nero, «Venise a fleur d’eau»: dalla città di pietre a quella a fior di laguna, dalle maschere di carnevale a San Marco e le donnegonne fino agli attimi eterni di caligo, nebbia da fiabe. Venezia è uno dei simboli dell’arte di Fulvio apprezzata nel mondo.
Artista della fotografia
Il cammino di Roiter è inarrestabile: dalle incisioni preistoriche della Valcamonica alla Firenze sportiva, dall’Umbria di San Francesco narrata con un afflato fuori dal coro all’Andalusia di Lorca, Machado, Unamuno. Già, l’Umbria. Per «Ombrie. La terre de San François», il suo secondo volume, vinse il premio Nadar per la fotografia: in Francia è come il Goncourt per la letteratura. Quattro di quegli scatti sono di rara bellezza. Lo stesso canone che Fulvio coltiva superbamente fra la bellezza senza tempo della foto in bianco e nero e la forza del colore, inevitabile tappa della modernità che fa i conti con il business.
Dire Roiter significa storia della fotografia made in Italy, al pari di Salgado e Bresson nel resto del mondo. E la foto sociale, l’inchiesta giornalistica vecchio stile, occupano una parte rilevante nel cammino di Fulvio. Sud del mondo non significa solo estero. Il primo viaggio in Brasile risale al 1959 ma c’è anche il meridione d’Italia. Ecco Napoli, i «bassi», i rioni di varia umanità. E uno scatto indimenticabile: i «guaglioncelli», i bambini.
Nello stesso inverno lavora in Belgio, dove incontra la moglie Lou. Viaggia instancabilmente il mago della luce. Storie al mondo raccontate con una macchina sempre a tracolla. Anni di successi internazionali, dai Sessanta agli Ottanta: Persia, Turchia, Messico, Libano, Spagna, Irlanda, Louisiana, Tunisia. In Costa d’Avorio Roiter realizza un memorabile reportage fra gli abitanti di un villaggio Senufo, nello Zaire documenta le danze e i riti dei Watussi e dei pigmei, nel Niger raggiunge Agades, l’affascinante porta del deserto. Da Venezia all’Europa all’Africa, Roiter interpretò magistralmente la regola di un giornalista d’altri tempi, il Tommaso Besozzi dell’inchiesta per l’Europeo sul caso Giuliano: «Tu puoi essere anche nel deserto, a una certa ora, ma se sai osservare, succedono cose meravigliose…». Come le fotografie di Fulvio Roiter.