Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Piano: «Marghera mon amour Periferia piena di scintille di vita»

L’architetto-senatore: «Il mio progetto G124, i ragazzi e l’Officina Riuso»

- di Martina Zambon

«Lo dice Italo Calvino nelle Città Invisibili: esistono luoghi felici, giusti. E Marghera lo è. Piena di scintille di vita». Renzo Piano plana sul microcosmo della Biennale Architettu­ra con uno spazio dedicato alle periferie. Lui non è un habitué ma, dice, «è la Biennale giusta» quella firmata da Alejandro Aravena: «L’aria che si respira è cambiata, a Marghera come alla periferia di Chicago, New York, Parigi, luoghi in cui sto lavorando». Al senatore a vita e «architetto condotto» come si definisce per sottolinea­re la funzione sociale dell’architettu­ra, le periferie piacciono parecchio. «C’è chi dice che sono ossessiona­to ma è passione. Sono figlio dell’impegno nato 40 anni fa e ora, finalmente la gente torna a mettere il naso fuori dalla porta di casa cercando spazi di condivisio­ne. È ciò che stanno facendo i ragazzi a Marghera».

I «ragazzi» sono Anna Merci, Laura Mazzei e Nicola Di Croce, trent’anni o poco più a testa per i G124, retribuiti per un anno da Piano con il proprio stipendio da senatore a vita per lavorare sulle periferie urbane. E non manca un tocco di ironia visto che G sta per Palazzo Giustinian­i e 124 è il numero della stanza da senatore di Piano. Da gennaio è toccato a Marghera con «Orma», l’Officina Riuso Marghera, non solo e non tanto quella delle fabbriche quanto quella rigogliosa delle associazio­ni, dei preti di frontiera, della Palestra Popolare del centro sociale Rivolta in cui si allenano le Ragazze dei Tessuti Aerei che volano sospese a mezz’aria avviticchi­ate a drappi multicolor­i, di quell’humus metropolit­ano che tanta cultura continua a produrre. «Ieri (martedì ndr) abbiamo passato il pomeriggio in giro per Marghera, racconta l’architetto senatore inclusa l’ex scuola Edison che sta diventando uno dei fulcri di rinascita collettiva. Certo in un anno non si cambia un territorio ma la bellezza lì c’è, e noi la stiamo andando a cercare». La bellezza di un’architettu­ra che ha il sapore dell’impegno politico ha le forme spigolose delle ex officine tecniche usate fino al 2007 dagli studenti della Edison. Poi l’abbandono e i raid vandalici. Ora gli stessi ragazzini delle incursioni notturne stanno risisteman­do le officine costruendo da sé gli ostacoli del parkour, la «disciplina metropolit­ana» acrobatica nata in un’altra banlieu, quella parigina. «Dopo chilometri di ubriacatur­a forse eccessiva delle tendenze scultoree dell’architettu­ra – spiega Piano – c’è un ritorno all’architettu­ra come arte civica, frontiera che ha a che fare con il sociale e le periferie sono il luogo in cui scoccano le scintille. A periferia si associano aggettivi come degradata, triste, solitaria, lontana, vuota. Ma è nelle periferie che c’è la poesia delle città, l’energia, la spinta al cambiament­o». Piano non nega la sofferenza e il disagio propri di tante aree decentrate ma ricorda «il 90% delle persone vivono lì e visto che, diciamolo, le teorie dell’architettu­ra non interessan­o a nessuno, è tempo di tornare a interpreta­re i bisogni della gente». Su Marghera gli spunti non mancano, c’è l’ex sala prove Monteverdi che i giovani G124 immaginano come una nuova porta di Marghera, c’è il waterfront cerniera fra terraferma e centro storico «waterfront complicati­ssimo - ammette Piano - ma non esprimo giudizi visto che il tema è già stato ben sviscerato, certo i tempi lunghi delle bonifiche sono un dato di fatto». Gli abitanti della periferia veneziana sono piaciuti a Piano: «Sono in gamba, le persone sono le vere perle. E l’ex scuola Edison poi mi è sembrata un sogno. Il sole cadeva dalla parte giusta e l’idea di aprirla, di portarci attività che hanno a che fare con il bene comune, di renderla più luminosa prendeva forma». Del resto, «le periferie sono fabbriche di desideri» conclude un Piano felicement­e «politico».

Dopo una serie di interviste, un incontro con la Fondazione Pellicani, l’architetto ha visitato il Padiglione Italia dedicato non a caso al Bene Comune e curato dai Tam che lo assistono anche nel progetto G124 con Raul Pantaleo tutor per Orma. Pantaleo, già autore di alcuni ospedali per Emergency, è stato con Piano e Gino Strada (volato appositame­nte a Venezia da Karthoum) a una riunione pirata nel pomeriggio alla Biennale per parlare di nuovi progetti di Emergency. L’architetto ha concluso la giornata veneziana con una visita al (suo) Museo Vedova alle Zattere.

L’ex scuola Edison sta diventando fulcro della rinascita collettiva

Sono figlio dell’impegno nato 40 anni fa, la gente cerca spazi di condivisio­ne

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Paolo Baratta, presidente della Biennale, con il curatore Alejandro Aravena (Pattaro/Vision)
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Renzo Piano a Marghera, a destra nel suo spazio alla Biennale (Pattaro/Vision)

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