Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
NELLE ISTITUZIONI NON C’È SPAZIO PER CHI NON CREDE NELLO STATO
Il Procuratore generale: «Sobrietà ed equilibrio devono caratterizzare ogni magistrato»
Purtroppo il numero comunque elevato di episodi che vedono i comuni cittadini esposti ad imprevedibili pericoli ed aggressioni, talvolta anche di inaudita violenza, spesso del tutto inconsistenti anche sotto il profilo della loro riferibilità alle malcapitate vittime, costituiscono, anche a causa della comprensibile attenzione dei mezzi di informazione, un problema di sempre maggiore rilevanza per tutti noi.
Purtroppo il numero comunque elevato di episodi che vedono i comuni cittadini esposti ad imprevedibili pericoli ed aggressioni, talvolta anche di inaudita violenza e per le motivazioni più varie, spesso del tutto inconsistenti anche sotto il profilo della loro riferibilità alle malcapitate vittime, e le modalità frequentemente clamorose con le quali queste gravi manifestazioni antisociali si realizzano, costituiscono, anche a causa della comprensibile attenzione dei mezzi di informazione, un problema di sempre maggiore rilevanza per tutti noi, accrescendo quel senso di disagio e di insicurezza sociale che caratterizza negativamente la vita di tutti i giorni, e ci porta a livelli di stress anche emotivi che possono raggiungere, e a volte sorpassare, le minime soglie di guardia di una civile e pacifica convivenza. Se a ciò si associa la diffusa percezione dell’insufficienza, quantitativa ma anche qualitativa, per tempi, incisività e proporzionalità rispetto all’offesa, della doverosa risposta delle Istituzioni preposte al contenimento e repressione di tali devianze, ben si comprende come il rischio del disorientamento individuale di molti e delle conseguenti possibili reazioni incontrollate possa assumere preoccupanti dimensioni, tali da suggerire, o meglio imporre particolare e scrupolosa attenzione nell’assolvimento dei propri doveri di ufficio e nell’uso responsabile dei diritti inviolabili della persona. In particolare, negli ultimi anni, e ancor più di recente nelle settimane scorse si è registrato, in corrispondenza di gravissimi fatti di cronaca riguardanti reati a danno di proprietari e di gestori, all’interno dei loro domicili e/o dei loro esercizi commerciali, lo sviluppo di una polemica sempre più accesa, e con forte connotazione politica e sociale, intorno ai limiti legali della legittima difesa, polemica che si è spinta fino ad auspicare la totale eliminazione di tali limiti, quanto meno all’interno di proprietà private; posizione questa che ha trovato efficace rappresentazione nello slogan «la difesa è sempre legittima».
A nulla è valso obbiettare che anche la legislazione vigente prevede un’ampia serie di casi di difese scriminate e comunque non sanzionabili, e che una Difesa «sempre legittima» di questo genere finirebbe invece con il varcare i confini a lei concettualmente propri, in realtà straripando verso forme di Offesa gratuita, e quindi di violenza ingiustificata contro persone inermi in contesti privi di qualsivoglia pericolosità per il difendente o per i suoi cari. Piuttosto, come era facile prevedere, pare che si sia destinati a passare ad una esaltazione della “difesa sempre legittima”, se così si può dire, a tutto campo, anche sulle strade come nei locali pubblici, e quindi ad una invocata diffusione del ricorso incontrollato, ancorché “preventivo”, alle armi da sparo (il cui porto illegale è, opportunamente, ancora oggi vietato e punito con pene severissime da una legge dello stato vigente ormai da più di 50 anni), come appannaggio di qualunque cittadino privato spaventato dal dilagare della criminalità. Una simile evenienza sembrerebbe, a prima vista, impossibile da realizzare e comunque, proprio per ragioni di sicurezza, da scongiurare, senza che sia necessario ricordare agli incauti sostenitori di tali soluzioni “fai da te” le tragiche piaghe che affliggono Paesi stranieri tradizionalmente favorevoli ad esse, funestati da ricorrenti e insensate stragi di massa.
Piuttosto è necessario porre mano agli strumenti statuali, di mezzi e di leggi, di Polizia e di Giustizia, da sempre esistenti, e certamente da riformare potenziare e rivitalizzare nei loro attuali, ripetutamente segnalati, punti critici, per la prevenzione e repressione dei crimini che mettono a repentaglio sicurezza, libertà e incolumità dei consociati; per far ciò è certamente però indispensabile anche, se non soprattutto, che gli uomini che vivono e lavorano, con funzioni di alta responsabilità, all’interno di tali Istituzioni, mantengano fermo il loro impegno meritandone giorno per giorno l’investitura, con il loro lavoro, il loro sacrificio, il loro rispetto verso i cittadini che ad essi si affidano, e ad essi affidano le loro speranze e aspettative di giustizia e sicurezza. Non vi può essere invece spazio per coloro i quali a tali speranze e aspettative non dimostrano di credere più e, quasi irridendole, proclamano anzi, con la “scomparsa” dello Stato e persino del proprio ruolo, la necessità di ricorrere alla violenza o alla minaccia di violenza privata come unico deterrente e strumento di tutela possibile.
Per quanto riguarda la magistratura, nessuno può pensare di sottrarsi al valore altamente rappresentativo delle funzioni esercitate, ed al significato emblematico delle posizioni pubblicamente ed esplicitamente assunte, con prevedibili ricadute sull’orientamento dell’opinione pubblica in direzione di una crescente sfiducia e disistima della Giustizia, e del valore della legalità che questa deve sempre, e primieramente quando ciò risulta più difficile e pericoloso, cercare di assicurare.
Valgono a questo riguardo le parole illuminate e generalmente condivisibili dell’Associazione Nazionale Magistrati, secondo cui «la sobrietà e l’equilibrio devono caratterizzare ogni magistrato, il quale è credibile, ed è degno della sua funzione, solo quando valuta in modo imparziale vicende a cui non è personalmente interessato». Ed è esclusivamente a tale magistrato che ogni cittadino che ha subìto un torto, e che ha comunque bisogno di ottenere giustizia ha il diritto non negoziabile di doversi e potersi rivolgere.
* Procuratore Generale Corte di Appello di Venezia