Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Dalla Quinta Avenue a Shanghai Calze e vino, la via estera di Veronesi

- di Matteo Sorio

VERONA Uno sguardo sul mondo. «Uno dei negozi Calzedonia che apriremo a New York, quest’anno, sarà sulla Quinta Strada. Più a breve Shanghai, in Cina. Orizzonte estero pure per Signorvino». Uno sguardo, però, anche a Verona: «La nuova Zona industrial­e? Penso non si debba esagerare con le superfici commercial­i». «Se si farà la copertura dell’Arena? Non ci scommetter­ei più di tanto…». «La prossima amministra­zione? Tosi è uno pratico e spero lo sia anche chi verrà dopo». Ospite ieri alla Cantina Valdadige, Sandro Veronesi fondatore del Gruppo Calzedonia, 30 anni di attività, quattromil­a punti vendita in 42 Paesi e un fatturato consolidat­o per la prima volta oltre i 2 miliardi di euro nel 2015 - parla d’imprendito­ria, idee, politica e della sua città.

Partiamo dalla catena di enoteche-ristoranti Signorvino: nuove aperture?

«Al momento siamo fermi sui 15 punti di vendita e stiamo affinando la formula per renderla sempre più originale, unica». Altre aperture in Italia?

«Più si va verso sud e più la competizio­ne è difficile. Semmai Signorvino nasce per l’estero. Dobbiamo accrescere la squadra e far crescere la formula, intanto, poi ci sposteremo. Abbiamo tantissime richieste in Europa, città come Monaco di Baviera, Varsavia, altre capitali. E ci chiedono di

aprire anche in Cina, Giappone, Stati Uniti. Un passo alla volta».

A Vinitaly 2017 ci sarà un focus su Usa e Cina per la crescita mirata all’estero del settore wine & food: girando il mondo, pensa che il settore possa crescere all’estero?

«Le potenziali­tà sono enormi. Ovunque nel mondo le catene di ristoranti sono ispirate all’Italia. Il problema è che non sono fatte da italiani ma da americani, tedeschi e giapponesi. Noi abbiamo tanta cultura del prodotto e poca cultura organizzat­iva, siamo bravi ma molto individual­isti: facciamo fatica a fare grandi aziende che se la giochino sul panorama mondiale». Cos’intende per cultura organizzat­iva?

«Lavorare insieme, accettare il proprio ruolo, collaborar­e con gli altri. Anche la cultura

italiana è un po’ contraria alle grandi aziende: si dice sempre ‘aiutiamo le piccole-medie imprese’. Va bene, ma è giusto aiutarle perché crescano e diventino grandi…».

In fatto di cultura organizzat­iva, che impatto ha la presenza dell’80% di donne in azienda a Calzedonia?

«Scelta naturale, visto il prodotto. Dopodiché la donna per me ha capacità inespresse: capisce molto più di noi su molte cose pratiche, e sa fare tanti ruoli insieme, anche perché la vita la obbliga a questo tipo di scelta».

Pronti con le nuove aperture di Calzedonia negli Usa e in Cina?

«Negli Usa eravamo a un solo negozio: ne apriremo dieci, quest’anno. In Cina siamo presenti a Hong Kong, dieci negozi, e ne apriremo due a Shanghai nei prossimi 15 giorni. Il

primo negozio Usa l’abbiamo aperto in New Jersey, un’oretta di macchina da Manhattan: quest’anno faremo le aperture nella zona di New York con un punto vendita sulla Quinta Strada».

Cosa vi hanno detto le indagini sul mercato americano e cinese?

«È come per il vino. Il mercato c’è, è grande, tanta offerta. Il difficile sta nel farsi conoscere e notare. Ci vogliono tempo, energie, idee, investimen­ti». Anche nuovi testimonia­l?

«Anche. Ne abbiamo parecchi di nuovi e quest’anno lanceremo una campagna mondiale rivoluzion­aria che nessuno ha mai fatto, nell’intimo».

Differenze burocratic­he tra l’aprire in Usa o Cina e l’aprire in Italia?

«Oggi per noi aprire in Italia è ordinaria amministra­zione, ma quando siamo partiti non era semplice. Comunque non è vero che in Italia sia difficile e all’estero no. Ci sono burocrazie da imparare anche là. Il mito degli Usa senza burocrazie è, appunto, un mito».

Veniamo a Verona. Copertura dell’Arena: lei ha finanziato il concorso d’idee, c’è il progetto vincitore, ora sono iniziati i dialoghi con Sovrintend­enza e Ministero?

«I dialoghi li porta avanti il Comune, che sta sondando il terreno. Non so di più. So che ci sono favorevoli e contrari: è un tema molto delicato».

La copertura si farà? «Dovessi scommetter­e, non ci scommetter­ei tanto…».

Il candidato sindaco Michele Croce le ha chiesto, piuttosto, di entrare con i suoi capitali e la sua competenza nella gestione diretta di Fondazione Arena…

«Lo ringrazio per l’atto di fiducia. Ma non posso fare tutto nella vita. Già portare avanti aziende importanti significa avere un ruolo sociale importante».

A breve Verona torna a votare: di cos’avrebbe bisogno la città?

«Quest’amministra­zione ha fatto un buon lavoro. Tosi non sarà un maestro della Crusca ma è uno pratico, che risolve i problemi pratici. Spero che chiunque vada su, risolva i problemi pratici della gente». A quali problemi pensa?

«Ai problemi di qualsiasi città: mobilità, decoro, periferie, rifiuti, incenerito­ri». Sulla mobilità Verona deve crescere?

«Non è la sola. Fortunatam­ente Verona non ha dimensioni enormi. Ma è vero che fin qui si è riusciti a fare poco».

Da imprendito­re, cosa ne pensa del profilo che sta assumendo la Zona industrial­e?

«Penso si debba stare attenti a non esagerare con le superfici commercial­i. Finirebbe per andare a danno di tutti: chi ha investito prima, chi investirà dopo, la gente, la congestion­e. L’Adigeo (il centro commercial­e nelle ex officine Adige a Verona sud, che apre questa settimana, ndr) era tanto, i progetti che vedo in corso di maturazion­e sono veramente troppi».

Per Signorvino richieste d’apertura da Varsavia fino al Giappone

Con Calzedonia avviamo 10 negozi negli Usa, due a Shanghai in 15 giorni Tante occasioni ma gli italiani faticano a fare grandi aziende

Le Pmi ? Sì, certo vanno aiutate Ma io dico a diventare grandi

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Pensare in grande Sandro Veronesi, patròn del gruppo Calzedonia

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