Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I Papi e quei silenzi Calimani, storia degli ebrei di Roma
Nel novembre 2000 la Commissione storica internazionale cattolico-ebraica consegnava un rapporto preliminare con una fitta serie di domande e molte risposte inevase sul ruolo del papa Pio XII nelle vicende della Shoah. Nessun rapporto finale è mai stato scritto, perché i sei storici della Commissione non sono mai riusciti ad accedere agli archivi vaticani e ai documenti datati tra gli anni ‘20 e ‘50 del Novecento.
Finisce così, con tutti quei dubbi, assieme alla lista dei 1022 ebrei romani deportati nell’ottobre ‘43 e dei 16 sopravvissuti, l’ultimo saggio di Riccardo Calimani. Dopo il monumentale lavoro sull’ebraismo italiano e la meticolosa ricostruzione della Venezia ebraica e del suo Ghetto, Calimani si cimenta ora con l’altra comunità paradigmatica italiana: Storia degli ebrei di Roma. Dall’emancipazione ai giorni nostri, edito da Mondadori, ripercorre in 828 pagine gli avvenimenti di una presenza secolare che ha resistito ed è fiorita nonostante ogni avversità.
Una storia incistata nella capitale della cristianità e che non può essere raccontata se non in quell’intreccio intimo e drammatico. Il che «la rende unica rispetto a qualunque altra comunità - racconta Calimani – Perché ogni giorno faceva i conti con tutto il peso del potere papale». Altra storia ad esempio rispetto alla Serenissima, dove il potere civile manovrava pragmatico e cinico sul fronte religioso e costruiva la sua vitalità economica con l’Oriente.
A Roma invece gli ebrei avrebbero vissuto fisicamente l’ossessione dei Papi nei confronti di una minoranza religiosa impaurita e isolata e di una comunità povera e vessata. «Si sentivano così schiacciati da dover negoziare ogni volta qualunque restrizione o possibilità di vita», racconta Calimani. Introiettata l’impossibilità della rivolta, «preferivano andarsene, magari ad Ancona o nelle piccole e più protette comunità toscane». E così fanno tenerezza episodi come quelli del 15 febbraio 1789 quando, proclamata la Repubblica di Roma e col Papa in fuga, «gli ebrei si appuntarono sul petto la coccarda tricolore. Le porte furono bruciate, il ghetto fu illuminato e fu alzato un albero della libertà».