Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Effetto sentenza, già depositate nuove cause E Bpvi fa ricorso
Consumatori e avvocati presi d’assalto dopo il verdetto di Verona che risarcisce in toto l’azionista C’è pure chi chiede la revocare della transazione. Ma il quadro è complesso. E Bpvi annuncia già ricorso
La sentenza veronese che, per prima, ha dato ragione ad un’azionista di Popolare di Vicenza (obbligando la banca al risarcimento completo), ha scatenato centinaia di soci azzerati in tutto il Veneto. Assaltati i centralini delle associazioni di consumatori e di avvocati. E c’è chi chiede di revocare la transazione. Ma il quadro è complesso. E Bpvi ha già annunciato ricorso.
Cavallari (Adusbef) Ora è da sconsiderati accettare la transazione con la banca
VENEZIA Gettate uno zuccherino su un formicaio e vi si rappresenterà quanto accaduto in Veneto dopo la sentenza del tribunale civile di Verona che sabato, per la prima volta, ha condannato Banca Popolare di Vicenza a risarcire una delle sue azioniste beffate (la signora Bertilla Santacasa, che intervistiamo qui sotto, la quale, in primo grado, ha ottenuto il ristoro dei 40mila euro investiti, più 11mila euro di spese legali). Fermento e agitazione assoluti, come era logico. I centralini delle associazioni dei consumatori, e quelli di decine di avvocati che stanno seguendo le sorti degli oltre 169mila soci «azzerati» delle due ex Popolari (oltre Bpvi, anche Veneto Banca), hanno praticamente squillato in continuazione. Accogliendo pressanti richieste di spiegazione rispetto al valore della decisione.
Le posizioni
Due i fronti: quello di coloro che hanno già sottoscritto l’offerta di transazione proposta dalle due banche, che scade proprio oggi (ovvero, accettare il 15% di quanto investito, in cambio della rinuncia ad ogni pretesa successiva); e quello, invece, di coloro che non hanno accettato l’offerta e intendono invece perseguire la strada della causa civile. «I primi ci chiedono se adesso sia possibile revocare l’offerta per intraprendere l’iter giudiziario — spiega l’avvocato Fulvio Cavallari, responsabile veneto di Adusbef, che è, tra l’altro, l’associazione promotrice del ricorso vinto a Verona —; chi invece ha scelto la causa civile ci domanda se ora, a fronte di una simile decisione, non sia tracciata una tendenza giurisprudenziale univoca».
I nodi
Ma come stanno le cose? Andrebbero chiariti subito alcuni punti. Intanto nel merito: la sentenza — come si leggerà qui sotto nelle parole del giudice che l’ha emessa, Massimo Vaccari — non ha dichiarato la nullità del contratto (quindi il rapporto di acquisto delle azioni tra banca-società e singolo azionista); ma ha toccato «soltanto» il nodo dell’intermediazione. Cioè il fatto che l’intermediario non solo non avesse prospettato alla cliente i rischi dell’illiquidità delle azioni; ma anche non le avesse fatto svolgere il test di appropriatezza, che misura la capacità di comprendere lo strumento proposto. Condizioni precise, quindi. Che vuol dire che ogni storia sarà a sé. E ci sono da considerare altri elementi: i tempi, per esempio. Sul caso veronese Bpvi ha già annunciato di voler fare ricorso in Appello (e di resistere fino in Cassazione). Se va bene, quindi, passeranno anni prima che l’azionista possa vedere riconosciute le proprie ragioni. Poi le competenze: non tutti i giudici si stanno comportando allo stesso modo. C’è chi trattiene le cause, chi invece le manda per competenza al Tribunale delle Imprese di Venezia, che per questo è ingolfato: a Venezia si va quando il giudice ritiene che
il nodo della causa sia quello tra banca-azienda e cliente (nullità del contratto); si resta nei singoli tribunali civili, invece, quando il giudice pensa che l’oggetto sia la violazione del regolamento degli intermediari (come è avvenuto a Verona). A sentire gli avvocati, sulla stessa linea di principio di Vaccari — e sempre a Verona — ci sarebbero anche la dottoressa Eugenia Tommasi di Vignano e il dottor Fabio D’Amore (che prima mandava a Venezia, ora trattiene); anche a Vicenza i giudici, dove c’è una sezione specializzata in «bancario», generalmente tengono le cause; a Padova, le mandano a Venezia.
Sulla possibilità di revoca dell’offerta di transazione, invece, le speranze paiono zero: una volta sottoscritto, infatti, il contratto è «blindato» (si vocifera però che, in singoli casi, le banche potrebbero anche offrire proposte transattive ad hoc...).
Le cause
Detto ciò, cause come quella di Verona, ce ne sono centinaia (e decine sono state depositate solo ieri, anche per effetto dell’ultima sentenza). Secondo le associazioni dei consumatori nuove decisioni potrebbero arrivare già nei prossimi giorni. «Si attende la chiusura delle transazioni», mormorano da più parti. E poi si aspettano, ovviamente, le decisioni al nuovo arbitro Consob (l’Acf, cioè arbitro controversie finanziarie). Che è in pratica la soluzione stragiudiziale nelle mani degli azionisti, a disposizione dallo scorso 9 gennaio (il vantaggio è che costa meno: 700-1000 euro, anziché 5-6000 euro del tribunale; lo svantaggio è che finora non si è mai espresso, e il suo «progenitore», cioè l’Ombudsman difficilmente dava ragione agli azionisti, perché era molto formale). Una via comunque non esclude l’altra: se va male l’arbitro, si può sempre fare causa. Di fronte a questo quadro complesso le posizioni sono differenti. «Accettare la transazione? Con una sentenza come quella di Verona ora bisogna essere degli sconsiderati a transare», afferma Cavallari. Sulla stessa linea l’avvocato Vincenzo Cusumano, che ha depositato centinaia di citazioni e che per l’Università di Padova si sta occupando da dottorando proprio di queste vicende: «Questa sentenza apre la strada al risarcimento degli azionisti truffati. Le irregolarità che abbiamo riscontrato analizzando la documentazione dei clienti sono gravissime». Più moderato, invece, Valter Rigobon (Adiconsum): «Una sentenza non fa giurisprudenza, ce ne sono altre che dicono l’esatto opposto. Dobbiamo aspettare che ne vengano almeno altre». Le incognite, insomma, sono molte.