Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Terra dei Pfas, chiesti a Miteni 500 mila euro
Con ventuno emendamenti e parecchi malumori politici, oggi a Palazzo Ferro Fini comincia la tre giorni di consiglio sulla Pedemontana. Meglio, sull’introduzione nel 2018 (ma si pagherà nel 2019) della maggiorazione Irpef per chi guadagna più di 28mila euro l’anno. Si va dall’ addizionale unica al 2,10% per i redditi superiori a 75mila euro al referendum tra la popolazione proposti da Piero Ruzzante (gruppo Misto-Mdp, che ne ha sfornati dieci) alla richiesta del gruppo Tosi di infilare nel conto della tassa le opere complementari per la Riese PioXVedelago e Castelfranco-Cassola; dalla proposta Pd di spostare l’addizionale sull’Irap e fissarla allo 0,92% (Graziano Azzalin) e quella del gruppo Dem di prelevare l’1,70% di ’Irpef dal 2018 al 2020 solo a chi guadagna più di 75mila euro ai quattro emendamenti di giunta per adeguare i calcoli all’impegno di tassare i veneti solo per un anno. Solo il M5s (con l’eccezione della chioggiotta Erika Baldin che chiede la messa in sicurezza della Romea) non ha presentato emendamenti. «Zero. Perché siamo contrari ad aumentare le tasse. L’addizionale non deve essere introdotta. Punto», scandisce il capogruppo Jacopo Berti.
Cosa non funziona nella manovra per la Pedemontana, secondo il M5s?
«Sis è inadempiente da tutti i punti di vista: l’opera è al 20%, non ha pagato gli espropriati e ha già speso 615 milioni di soldi pubblici. E come ricompensa a questo disastro, Zaia mette le mani nelle tasche dei veneti per salvare questi privati e far guadagnare loro milioni di euro».
«Fumo totale sulle penali passate: ne ho chiesto invano in commissione, tornerò a chiederlo in aula. Perché a pagare dovevano essere i costruttori del project».
Quali sono le criticità del progetto? Proporrete dei correttivi?
«Chiediamo sia rivisto alleggerendo l’opera in modo da
«Non sono innamorato di nessun costruttore ma del territorio e dei veneti e so che Anas avrebbe avuto aperture per una collaborazione. Ma la Regione ci dà informazioni col contagocce».
Il M5S avrebbe fermato i lavori della superstrada?
«Ci sono progetti alternativi di professori dell’università: fidiamoci
«Sappiamo che la Regione Veneto è andata in audizione da Anac lo scorso 8 febbraio su sua richiesta ma non abbiamo altre informazioni. Aleggia del mistero».
La Pedemontana nacque nell’era Galan. Dal suo punto di vista, chi dei due governatori l’ha gestita peggio?
«Conosco lo schema Zaia: non sono stato io, non c’ero e se c’ero dormivo. Ma è stato lui a posare la prima pietra e ha rifare la convenzione nel 2013».
Anche nella terza convenzione è il pubblico ad accollarsi il rischio d’impresa.
«Ormai il contratto è diventato un appalto, quindi le altre imprese faranno ricorsi e tra carte bollate e avvocati, la Pedemontana, vedrete, non la finiranno mai».
E adesso la «Terra dei Pfas» presenta il conto: 500 mila euro chiesti dall’associazione nata a Padova contro l’inquinamento delle falde ai vertici della Miteni di Trissino (la ditta contro cui è puntato il dito di ambientalisti e inquirenti) e alla Regione Veneto. La causa è stata depositata ieri mattina nelle cancellerie del tribunale civile della città del Santo dall’avvocato Giorgio Destro, rappresentante legale dell’associazione. Secondo la tesi dell’avvocato Destro e dell’associazione, che conta più di cento iscritti tra le province di Padova, Vicenza e Rovigo, le colpe sarebbero da dividere tra l’azienda di Trissino e i vertici di Palazzo Balbi.
Da una parte, si legge nelle conclusioni dell’esposto, la Miteni è ritenuta responsabile «per l’inquinamento delle acque superficiali e del sottosuolo, a seguito dell’immissione nell’ambiente dei propri prodotti chimici tossici, persistenti e bioaccumulabili nell’ambiente e negli organismi viventi»: un comportamento che, scrive ancora l’avvocato, ha messo in allarme gran parte dei veneti impauriti dalla possibilità di venire contagiati da «gravi patologie». Dall’altra parte invece per l’associazione c’è il comportamento della Regione, rea di «mancata vigilanza» sulle emissioni della Miteni (per cui la «Terra dei Pfas» aveva chiesto il sequestro a gennaio) e per la «mancata adozione di provvedimenti idonei ad impedire il protrarsi di tali fatti»: insomma per aver chiuso più di un occhio nonostante il problema della presenza di sostanze perfluoroalchiliche (i Pfas) in alcune falde e in acque superficiali della provincia di Vicenza fosse stato segnalato il 4 giugno 2013 dal Ministero dell’Ambiente, seguito nel luglio 2013 dall’Arpav di Vicenza.
Secondo l’esposto, la Regione, pur avvertita, non avrebbe fatto nulla, eccezion fatta per l’imposizione di filtri a carbone per le acque potabili. La Regione sarebbe rimasta sorda anche al grido d’allarme lanciato da una nota del Direttore generale della Sanità veneta, Domenico Mantoan, che invitava Palazzo Balbi a darsi da fare. E intanto proprio oggi i lavoratori della Miteni saranno in sciopero per presidiare la Regione dove è previsto un incontro di una delegazione sindacale con l’Assessore all’ambiente Giampaolo Bottacin.
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