Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«New Orleans insegna l’inaspettat­o accade: un piano per il Mose»

- di Martina Zambon VENEZIA

«Ma i veneziani sono consapevol­i che dovranno lasciare Venezia prima che affondi?». Appena sbarcato al Marco Polo se lo chiede, pensoso, Edward J. Blakely, tra i massimi esperti mondiali di emergenze, arrivato lunedì allo Iuav di Venezia per raccontare la sua avventura di pianificat­ore a New Orleans dopo l’uragano Katrina. C’è chi lo chiama «the fixer», il risolutore, per i suoi interventi dopo i disastri naturali e non solo. Blakely ha una certa esperienza: 79 anni fra un paio di settimane, l’uomo che si informa di dove poter praticare lo yoga a Venezia, è stato consulente del governo americano (salvo poi lasciare ai tempi del Watergate), fixer per la città di San Francisco dopo il terremoto del 1989, a New York dopo l’attacco alle Torri Gemelle e poi, soprattutt­o, a New Orleans dopo Katrina come commissari­o unico del governo americano. Una devastazio­ne cui Blakely ha risposto partendo non dagli edifici da ricostruir­e, bensì dallo spazio sociale e relazional­e della città colpita, attivando le reti locali e promuovend­o un cambiament­o culturale. «La vera sfida - osserva con una pacatezza che cela a malapena la passione – è prevenire dove possibile i disastri. Che sia colpa dei cambiament­i climatici o no, l’inaspettat­o accade. L’ha provato anche questa regione con un piccolo tornado che non sarà certo l’ultimo. Meglio essere preparati». Blakely, che tornerà allo Iuav per studiare la questione veneziana e veneta grazie alla collaboraz­ione con il corso di laurea in Pianificaz­ione e Urbanistic­a diretto da Francesco Musco, si è già fatto un’idea del Mose: «la storia ci insegna che i muri contro l’acqua servono a poco, la soluzione migliore è disperderl­a quando si alza violenteme­nte, una soluzione che nella laguna di Venezia non sarebbe semplice applicare. Per questo la prima cosa da fare sarebbe costruire un modello digitale dell’intero sistema idraulico di laguna, mare e rete fluviale di terraferma, per studiare approcci diversi a diversi scenari possibili». Per Blakely le analogie fra Venezia e il golfo di New Orleans esistono. «Il delta del Po mi ricorda il golfo ma – osserva il decano di Pianificaz­ione – sono soprattutt­o i canali industrial­i scavati qui come laggiù che preoccupan­o». Il «peccato originale» dell’equilibrio precario fra acqua di laguna e acqua di mare balza agli occhi di chi è abituato a valutare i rischi in tempi rapidi. Osservare è la chiave per prevenire, quando possibile, l’irreparabi­le. «Il mio nuovo libro si occuperà proprio di questo – spiega Blakely – della possibilit­à di prevedere e quindi prevenire un cataclisma. E questo è legato alla capacità delle comunità locali di essere cr+eative. Troppo spesso risulta debole la capacità di pianificaz­ione ordinaria. Torno sull’esempio di New Orleans da cui c’è molto da imparare – prosegue – lì il sistema di dighe fra lago e il fiume Mississipi non ha retto. Arriverà il momento in cui anche il Mose potrebbe non bastare. A quel punto sarà cruciale avere un piano per incanalare l’acqua deviandola dalla città storica. Anche per questo spero ci siano legami sempre più stretti fra l’università veneziana e quella della Louisiana». Blakely riporta l’attenzione sul continuo cambio di strategia degli olandesi «partiti da un approccio strettamen­te ingegneris­tico per poi arrivare ad azioni integrate e diversific­ate per difendere la loro terra dall’oceano».

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(foto Vision) Risolutore Edward J. Blakely è chiamato «the fixer», il risolutore per i suoi interventi post disastro

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