Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Proteste e porchette il sindaco dem chiude la moschea
San Stino di Livenza, dopo la protesta con le porchette. Era stata inaugurata solo lunedì
Inaugurata lunedì e chiusa ieri. Dopo la protesta del « Comitato di salute pubblica sanstinese» con le porchette, il sindaco dem Matteo Cappelletto ha preso la decisione. Precisando: «Non era stata autorizzata ed è incompatibile con la norma regionale urbanistica». I vigili dispongono lo stop. «Prendiamo atto – commenta Tanji Bouchaib, presidente dell’associazione Al Hilal Veneto Orientale - anche se questa è una regione ateista più che rispettosa della religione».
SAN STINO DI LIVENZA (VENEZIA) L’annuncio dell’imminente apertura, la raccolta firme dei cittadini contrari, l’inaugurazione con tanto di protesta a base di porchetta da parte dei contestatori. E, alla fine, la chiusura.
«Abbiamo vinto», esultano i membri del Comitato di salute pubblica sanstinese quando vengono a sapere che il Comune di San Stino ha imposto la chiusura del nuovo centro islamico. Una chiusura avvenuta ad appena due giorni dall’inaugurazione. Il motivo? Una legge regionale approvata nel 2016 secondo la quale il cambio di destinazione d’uso non è applicabile per le sedi di associazioni con finalità religiose. «Prendiamo atto di quanto dice la legge, che intendiamo rispettare – commenta Tanji Bouchaib, presidente dell’associazione Al Hilal Veneto Orientale - anche se ha le caratteristiche più di una regione ateista che rispettosa della religione».
Proprio Bouchaib aveva invitato all’inaugurazione di domenica tutta la popolazione del paese. «Noi vogliamo che questo luogo sia aperto a tutti i cittadini», aveva detto. E a tagliare il nastro c’era il sindaco Matteo Cappelletto, leader di una lista civica appoggiata dal Pd, che era stato fischiato dai contestatori. Una cinquantina di persone che, di fronte allo stabile scelto per la preghiera, aveva fatto un banchetto a base di porchetta contro «l’invasione islamica».
È stato proprio Cappelletto, ieri, ad annunciare la chiusura del centro di via Tobagi, avvenuta lunedì con la notifica dell’atto da parte dei vigili. «Dalle verifiche svolte dall’ufficio tecnico comunale – spiega - è emersa l’incompatibilità tra quanto previsto dalla norma regionale urbanistica e le finalità dell’associazione».
La «falla» starebbe nella sequenza temporale dei fatti: «L’associazione venerdì scorso ha presentato la documentazione per l’apertura. Statuto, dichiarazione di agibilità, richiesta di cambio sulla destinazione d’uso. Lunedì l’ufficio comunale ha proceduto con il controllo». L’inaugurazione, quindi, è stata fatta prima che venisse accertato che fosse tutto in regola. «Un paradosso – secondo il vicegovernatore Gianluca Forcolin -. Il sindaco domenica ha tagliato il nastro e oggi non c’è abitabilità. Non esiste fare verifiche a posteriori».
Forcolin sabato aveva chiesto di verificare l’idoneità dei locali. «Dispiace che un amministratore non tenga conto delle esigenze della popolazione», aggiunge il vicegovernatore.
«La nostra associazione ha agito in piena buona fede, convinta di poter aprire un centro culturale per le centinaia di famiglie musulmane che vivono qui» dice Bouchaib. Un centro le cui regole sono state definite durante un incontro avvenuto nel 2014 tra le comunità islamiche del Veneto e il governatore Luca Zaia. «Purtroppo norme tecniche ci impediscono di esercitare anche il basilare diritto di avere una fede e di ritrovarsi insieme», continua il leader dell’associazione Al Hilal.
Per i contestatori, che avevano raccolto 350 firme, la chiusura è una vittoria. Ieri sera si è scatenato il tam-tam sui social network e i cittadini contrari non hanno mancato di esultare, complimentandosi addirittura con il primo cittadino, anche se la chiusura non è dipesa da una scelta dell’amministrazione. Una seconda manifestazione di protesta contro la nuova moschea in programma ieri sera è stata annullata.
«Continueremo il nostro impegno – conclude Bouchaib - per dare ai musulmani, come ai credenti di tutte le fedi, il diritto di riunirsi, aiutarsi e, anche se a qualcuno può dispiacere, a pregare».
Il nodo Il Comune: «È la legge regionale». Forcolin: «Ma allora non dovevi tagliare il nastro»