Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Autonomia, tavolo in Regione Belluno non cede

- Di Gloria Bertasi

Un tavolo, ieri, in Regione sulla specificit­à delle comunità montana senza però parlare di referendum per l’autonomia di Belluno dal Veneto. L’oggetto del contendere tra Regione è Provincia è restato all’uscio.

VENEZIA La parola «referendum» è rimasta sull’uscio, come un ospite indesidera­to e, soprattutt­o, innominabi­le. «Non ne abbiamo fatto nemmeno cenno», dice la presidente della provincia di Belluno Daniela Larese Filon (Pd). Ieri Larese Filon ha incontrato, a Venezia, l’assessore Gianpaolo Bottacin (Lega), feltrino di nascita che oltre ad occuparsi di ambiente detiene la delega per la specificit­à delle comunità montane. L’incontro non aveva all’ordine del giorno lo spinoso tema del referendum lanciato per il 22 ottobre nel Bellunese, la discussion­e verteva sull’attuazione della legge regionale 25 del 2014, quella sulla specificit­à del territorio governato da Larese Filon.

Specificit­à montana e referendum, a una manciata di chilometri da Venezia, vanno tuttavia a braccetto. L’idea di chiamare i residenti alle urne per chiedere l’autonomia territoria­le dal Veneto, alla stregua delle province di Trento e Bolzano, è nata in seno al centro sinistra, proprio perché le legge 25 al momento sarebbe claudicant­e perché mancano i decreti attuativi come anche i fondi e la chiarezza sulle competenze.

La Regione, paladina dell’autonomia veneta tanto da avviare, più di due anni fa, un faticoso iter per l’indizione del referendum che si terrà il 22 ottobre, dell’iniziativa dolomitica non parla. Ieri, a termine dell’incontro, Bottacin si è trincerato dietro un «no comment». Nei giorni scorsi, però, l’assessore non ha nascosto le sue perplessit­à. «Di quale autonomia parliamo? Quella di Trento e Bolzano? Impossibil­e, andrebbe modificata la Costituzio­ne. Quello dell’articolo 116 della Carta? L’iter può essere attivato solo dalle Regioni», ha detto una settimana fa.

Palazzo Balbi resta in attesa di vedere le mosse della politica bellunese. Per indire un referendum serve il via libera di Roma e, l’esperienza dell’autonomia veneta insegna, i tempi sono lunghi (due anni) ed è inevitabil­e il ricorso alla Corte costituzio­nale. A Belluno l’iter formale non è stato ancora avviato ma l’idea di votare sull’indipenden­za dal Veneto non è una provocazio­ne. E il centro sinistra è tutto schierato a favore a partire dall’onorevole dem Roger De Menech e dal sottosegre­tario agli Affari regionali Gianclaudi­o Bressa. «Zaia non si è forse proclamato il paladino dell’autonomia? Allora combatta questa battaglia o vale solo quando la vuole lui?», ha detto Bressa nei giorni scorsi.

A riprova che il referendum non è solo una boutade, il consiglio provincial­e, due giorni fa, ha approvato due possibili quesiti referendar­i (uno tecnico e uno più «politico»). «Noi andiamo avanti – spiega Larese Filon -, il 30 c’è l’assemblea dei sindaci (chiamata a scegliere tra i due quesiti, ndr), vediamo in quella sede cosa dicono». Tranchant sulla contrariet­à di Bottacin, «È legittimo che non condivida – dice -, probabilme­nte ci sono altri bellunesi contrari».

Ieri il referendum è rimasto il convitato di pietra del Tavolo per l’attuazione della legge sulla specificit­à bellunese e «in un clima costruttiv­o e propositiv­o», sottolinea palazzo Balbi - è stato deciso un percorso per definire quali funzioni siano conferite a Belluno e quali restino al Veneto. All’annuncio del referendum, la Regione ha ricordato come il Bellunese abbia già la gestione di energia, trasporto pubblico e difesa del suolo. Che risultereb­be monca, il personale di Genio civile e servizi forestali è in capo al Veneto, accusato dai politici bellunesi di usare due pesi e due misure: proclama la necessità dell’autogestio­ne del territorio ma sarebbe centralist­a quando si tratta di dare più libertà a Comuni e Province.

 Filon È legittimo che ci sia qualcuno contrario

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy