Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Sport, affari e tifo, il ciclismo e il legame con il Veneto

- SEGUE DALLA PRIMA Daniele Rea © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Tutto in linea con quello che è il Veneto: sotto traccia, solido, senza grilli per la testa, ché i sogni sono per quelli che hanno tempo di coltivarli. Qui si coltivano i campi e i vigneti ed è pure questa una nobilissim­a arte, ormai per pochi. Il «sapere come» si sta perdendo, forse per sempre, sullo schermo delle nuove tecnologie. Pochi i lampi, si diceva: Battaglin e Cunego al Giro, Rebellin nelle classiche del Nord, Ballan al Fiandre e al Mondiale di Varese 2008. E poi ancora il titolo iridato e i trionfi di giornata di Moreno Argentin, le volate mortifere di Marino Basso e altri squilli da annotare sugli almanacchi e sugli ordini d’arrivo. Ma dal Veneto è passato anche il vento degli scandali legati al doping, con le inchieste della magistratu­ra padovana e, in special modo, del pm Benedetto Roberti, uno dei magistrati più attenti nell’indagare sul mondo della pratiche vietate nello sport.

E dal Veneto è passato anche il primo morto «ufficiale» del ciclismo, nel 1952: Orfeo Ponsin, il prototipo del gregario buono e generoso, umile e forte. Muore a 24 anni Orfeo da San Giorgio in Bosco, in una caduta lungo una discesa da Siena a Roma. Una morte sul lavoro, così si può catalogare. Già, lavoro. Perché il Veneto, anche nello sport, non tradisce la vocazione a «fare», a «fare prima e possibilme­nte meglio». Quante le aziende che sono diventate leader nel loro settore, magari prendendo spunto da un’intuizione, dal flash di un momento, da un bisogno che diventa spunto per un brevetto eccezional­e? La bici, insomma, una sua posizione di privilegio ce l’ha eccome. E non ha nessuna intenzione di lasciarla, testarda com’è alla pari di chi salta in sella e pedala.

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