Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Baretta: «Politici a giudizio? Processi per direttissi­ma per avere risposte immediate»

- di Monica Zicchiero

«Ci vuole prudenza ma anche velocità nei processi: quando riguardano l’ onorabilit­à delle persone e vicende politiche ci vuole il processo per direttissi­ma. Non sto dicendo ai magistrati che non devono alterare il corso politico di una città nel fare un’indagine ma che se c’è un processo che altera il corso politico, il processo deve essere veloce». Pier Paolo Baretta fu tra i pochi a non scaricare l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni all’indomani dell’arresto del 4 giugno del 2014. «Orsoni non è del Pd», si affrettò a dire il sottosegre­tario Luca Lotti, l’allora segretario regionale Roger De Menech ripetè parola per parola per poi firmare con Debora Serracchia­ni la lettera che scaricò ufficialme­nte il sindaco: «Invitiamo Orsoni a riflettere sull’opportunit­à di offrire le dimissioni».

«Che sia del Pd o meno, è il nostro sindaco», disse allora, Baretta. Che oggi, dopo l’assoluzion­e/prescrizio­ne, Orsoni è l’unico del Pd che salva insieme a Piero Fassino. «Il Pd si comportò malissimo – ha detto nell’intervista pubblicata ieri dal

Corriere del Veneto - Matteo Renzi fu arrogante e populista».

Sottosegre­tario Baretta, Orsoni dice che la magistratu­ra nell’ordinare il suo arresto fu

precipitos­a ed esagerata, che il Pd andò di fretta nel liquidarlo. Concorda?

«C’era un contesto che fece confondere tante cose. La vicenda Mose, innanzitut­to: Orsoni fu coinvolto per un presunto reato, il finanziame­nto alla campagna elettorale, che non c’entrava niente con l’oggetto dell’inchiesta che era la corruzione. C’era un contesto nazionale, poi, con l’indagine a Milano su Filippo Penati, l’attacco del Movimento Cinque Stelle. Un contesto nel quale sembrava che bisognasse fare pulizia interna e che spiega le difficoltà e le incertezze di quel periodo«.

«Orsoni non è del Pd» segnò una repentina presa di distanza, un’accusa politica .

«Ho sempre sostenuto che noi l’avevamo scelto come sindaco: o eravamo convinti della sua colpevolez­za o dovevamo aspettare la magistratu­ra. La vera riflession­e politica è che da quella vicenda è partita poi una storia che ci ha portato a perdere il Comune di Venezia. Anche la scelta della candidatur­a ineccepibi­le dal punto di vista personale di Felice Casson ha risentito di quel clima di giustizial­ismo. Seconda riflession­e: la prudenza in queste vicende è utile anche per le conseguenz­e politiche: l’arresto di Orsoni mise in moto una valanga».

L’ex sindaco dice che il suo arresto fu «Una gratuita aggression­e» e che la vicenda ha deviato il corso della città.

«Non mi pronuncio ma certamente vi fu sproporzio­ne tra il reato e la scelta dell’arresto. Aver assimilato Orsoni agli altri, insomma.. Ma alla fine quello che conta è il risultato: oggi abbiamo una sentenza alla quale far riferiment­o».

Di assoluzion­e. Ca’ Farsetti è uscita da questa vicenda con un cambio di sindaco e maggioranz­a. A Palazzo Balbi tutto come prima. Il centrodest­ra ha gestito meglio l’emergenza rispetto al Pd?

«In parte la reazione dei partiti ha influito sull’esito elettorale diverso. Certo, se sei sicuro dell’innocenza dei tuoi ti affidi alla magistratu­ra. Ma un arresto è un arresto e cambia lo scenario. Per la magistratu­ra la politica e tutti coloro che hanno responsabi­lità, si impone una riflession­e: ci vuole prudenza ma anche velocità nei processi quando riguardano l’onorabilit­à delle persone e le vicende politiche, ci vuole un processo per direttissi­ma. Non si può tenere per anni una situazione nella quale ti resta il dubbio, bisogna accelerare».

Renzi accelerò, no?

«Sul caso Orsoni probabilme­nte non si attese una adeguata informazio­ne sulle vicende, per cui nel gruppo dirigente è prevalso qualche atteggiame­nto sbrigativo. Ma Renzi disse anche che stavamo facendo degli errori. Alla fine abbiamo perso le elezioni sia in Veneto che a Venezia: forse qualche errore l’abbiamo fatto. Varrebbe la pena rifletterc­i»

Forse si ritenne necessario far perdere il Pd per fare piazza pulita?

«Non so. Penso che in ogni caso era meglio vincere. Oggi il Pd ha quattro persone in consiglio comunale, la capacità di far politica è ridotta. Non esiste il dubbio, tra vincere o perdere».

 Baretta Nel gruppo dirigente del Pd prevalse qualche atteggiame­nto sbrigativo

L’arresto mise in moto una valanga e perdemmo il Comune Ci voleva prudenza

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