Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Gli esperti belgi «assolvono» la conca Cilindri rotanti per aiutare i piloti
Querelle di Malamocco, i dubbi dei tecnici. Nuova porta rinforzata e su una rotaia
Era una delle «fisse» di Paolo Costa quando era alla guida dell’Autorità portuale e il suo successore Pino Musolino l’ha già detto più volte: «La conca di navigazione alla bocca di porto di Malamocco è sbagliata». Non nel senso che quella «camera» creata per far passare le imbarcazioni anche con il Mose chiuso sia stata costruita male; ma sarebbe stata proprio concepita male, troppo ristretta rispetto alle esigenze di un gigantismo navale sempre più accentuato e pure disallineata rispetto al percorso di accesso, complicato anche dalla lunata che restringe il passaggio. Ora però, sul tavolo del provveditore Roberto Linetti, c’è uno studio della società ingegneristica belga Sbe, che sembra rispedire al mittente buona parte delle accuse. «La conca resterà così com’è, d’altra parte lo Stato non può mica rifare un’opera costata 300 milioni di euro», dice Linetti. Anche perché la camera della conca, che misura 380 metri per 50, fu costruita ormai anni fa con delle gettate di calcestruzzo all’interno di scheletri in acciaio, dunque metterci mano è impossibile.
I belgi hanno confermato che la cosiddetta «nave di progetto» – la più grande che ci può entrare sulla carta: 280 metri di larghezza, 39 di larghezza e 12 di pescaggio – ci passa, checché ne dicano piloti e presidenti del Porto. Certo, i tecnici del Consorzio Venezia Nuova non ignorano che qualche difficoltà ci sia e lo stesso il provveditore. E’ per questo che Linetti ha dato mandato di studiare un sistema per rendere più sicuro il transito attraverso la conca. La soluzione «partorita» sarebbe quella di installare dei cilindri rotanti sul lato sud della conca, in modo tale che le navi in entrata o in uscita, nel caso di condizioni meteomarine difficili, per esempio di bora, si possano appoggiare e «scivolare» senza problemi. Allo studio c’è anche la possibilità di creare un «allungamento» in gomma all'ingresso, in modo che le navi si possano allineare ed essere instradate. Interventi i cui costi cono ancora in fase di valutazione, ma che sembrano il giusto compromesso. In realtà tra i piloti, che sono poi coloro che – tecnici e modellisti a parte – dovranno portare le navi attraverso la conca, lo scetticismo resta. Fino a due anni sono state fatte prove con mezzo migliaio di navi, ma una da 280 metri non è mai entrata. «La più lunga che ho portato è stata di 212 metri, larga 32 - ricorda Saul Mazzucco, ex capo pilota - Il problema è che la nave di progetto è stata stabilita dai tecnici senza chiedere un parere a noi, che decidiamo nel caso concreto entrare o meno: e le assicuro che dobbiamo essere sicuri al 100 per cento, il 99 non basta». Il tema riguarda non solo le navi commerciali, sulle quali peraltro è in corso uno studio del Porto per creare proprio sulla lunata del Mose un porto ad alti fondali in modo da portare a Venezia anche quelle più grandi, fuori dalla laguna. C’è infatti la partita delle crociere, che ormai sembra instradata sull’ipotesi di un doppio binario: una parte all’attuale Marittima tramite il canale Vittorio Emanuele, le più grandi a Marghera, ma sempre entrando dal canale dei petroli.
Ma i problemi della conca riguardano anche la porta lato mare. Un paio d’anni fa una mareggiata la danneggiò e ai belgi era stata chiesta una soluzione anche su questo punto. Il risultato è stato un progetto che modifica radicalmente la porta: quella originaria aveva una superficie piatta e scorreva su un sistema avveniristico, l’hydrolift, che la teneva sollevata con getti d’aria; ora invece verrà ricostruita su un binario e sarà rinforzata grazie a una superficie a gradoni nella parte bassa, per rompere meglio le onde, che nel caso di chiusura delle paratoie del Mose saranno ancora più violente. Un intervento che potrebbe costare fino a una ventina di milioni, ma su cui Linetti è pronto a fare causa a chi l’ha progettata (Technital), costruita (Cimolai) e installata (Mantovani). «Noi anticipiamo i soldi per accelerare i lavori, ma ci cauteleremo in tribunale - dice Linetti - quel che è certo è che non sarà un lavoro che si accollerà lo Stato».