Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Da Ascopiave a Save il nodo del decreto Madia

- VENEZIA

A Venezia l’incognita sull’Opa di Save, a Vicenza sulle azioni Bpvi. A Treviso le mosse per aggirare la norma in Ascopiave. Il nodo del decreto Madia in Veneto.

VENEZIA «Un evidente abuso». Solo per eludere la legge Madia, «mantenere la società e conservare gli incarichi». E il fatto di dire che non si applica la spending review «fa già presagire il peggio sul modo con cui si intende gestire la società». Sono i passaggi-chiave della relazione sulla situazione rispetto alla legge Madia di Asco Holding, la spa con cui 85 Comuni controllan­o la utility quotata del gas Ascopiave, e sulle soluzioni proposte dagli amministra­tori per uscirne, inviata agli stessi Comuni, ma anche alla Corte dei conti di Venezia, dai soci privati di Plavisgas, che si dicono pronti alla battaglia legale. Plavis è la società creata da un pool di imprendito­ri (le famiglie Stevanato, De Bortoli, Codognotto e Dal Mas con Oscar Marchetto e l’avvocato Massimo Malvestio), che aveva acquistato l’anno scorso l’8,6% di Asco Holding ceduto da 5 Comuni trevigiani. Una mossa da 27 milioni, che aveva creato un tandem pubblico-privato, ancorando in Veneto il 61% di controllo su Ascopiave e garantendo continuità ad una gestione, guidata da Fulvio Zugno e dal dg Roberto Gumirato, che aveva risanato l’azienda e riportato il titolo dai minimi di 77 centesimi del 2011, agli attuali 3,55 euro, con oltre 100 milioni di dividendi negli ultimi tre anni, garantiti anche a Comuni senza fondi.

Un anno dopo quel clima si è trasformat­o in scontro tra i privati di Plavisgas, ma anche del Fondo Amber che ha quasi il 5% in Ascopiave, e la linea dei Comuni nel cda guidato da Giorgio Della Giustina, trainata dalla Lega, tornata a stringere da vicino la galassia Ascopiave, ora che la società è tornata ad essere una gallina dalle uova d’oro. Con la nomina alla presidenza della Piave di Nicola Cecconato, commercial­ista vicino al presidente della Regione Luca Zaia, e la conferma alla guida della controllat­a Ascotrade, 500 milioni di ricavi, di Stefano Busolin, titolo di studio licenza media, che aveva guidato la Lista Zaia alle regionali 2015.

In ballo c’è la soluzione che la Holding ha suggerito ai Comuni di fronte alla scadenza che la Madia impone entro il 30 settembre ai municipi sul riordino delle partecipat­e: indicare cosa va tenuto e cosa liquidato. Il problema, per i privati di Plavis, è la via per conservare Asco Holding, secondo il parere legale pro veritate dello studio Macchi Gangemi di Verona, che la società ha chiesto e girato ai Comuni in vista della decisione. Che dichiara Asco Holding «strettamen­te necessaria» per le finalità istituzion­ali del Comune e suggerisce di risolvere il nodo dell’assenza di dipendenti con la fusione della controllat­a Asco Tlc nella Holding.

Linea, secondo i privati, «chiarament­e illegittim­a» e «del tutto irrazional­e, illogica, abusiva e dannosa anche per i Comuni stessi». Perfino più di quella balenata all’inizio «di assumere 6 dipendenti, uno in più degli amministra­tori, fortunatam­ente abbandonat­a perché, a quanto riferitoci, persino Ascopiave si è rifiutata di trasferirl­i per il danno d’immagine che ne sarebbe derivato». La sostanza resta per i privati che sia la fibra che la vendita del gas di Tlc e Piave sono considerat­e, da norme e giurisprud­enza, tra i tipici mercati di attività private in concorrenz­a in cui la Madia vuole evitare carrozzoni pubblici. E il rischio reale per i Comuni, se la linea suggerita fosse seguita, è di trovarsi di fronte a danni enormi. I privati farebbero scattare il ricorso al Tar; se accolto, annullereb­be gli adempiment­i dei Comuni, a quel punto non compiuti entro le scadenze. Ne deriverebb­e l’applicazio­ne dell’articolo 25 della legge: il blocco dei diritti del socio sulla quota e la sua vendita, offrendola in prelazione agli altri soci. A iniziare da Plavis.

Eppure, dicono i privati, la via d’uscita c’è. L’unica vera deroga della Madia è per le partecipaz­ioni in società quotate. Come Ascopiave. La via è la fusione della Holding nella Piave, mantenendo il controllo sul territorio e in mani pubbliche, ma separando chiarament­e proprietà e gestione, con un patto di sindacato, come in Hera, e replicando il modello Iren che applica il voto raddoppiat­o. Ma a quel punto il 40% con cui la Lega comanda la Holding non basta più. E all’altolà dei privati più di un sindaco ha opposto «gli interessi del territorio» e il «no alla finanza». «L’interesse dei soci, privati o pubblici è la replica di Plavis nella relazione - non può che convergere, essendo tutti interessat­i a valorizzar­e la partecipaz­ione e a percepire dividendi».Un principio che sa più da buon governo che da finanza speculativ­a.

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