Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Medici di famiglia, oggi lo stop Scoppia la polemica

Al via 29 giorni di mobilitazi­one. Il Tribunale del Malato: «I pazienti vittime sacrifical­i»

- di Michela Nicolussi Moro

Coinvolti i 3161 dottori di base del Veneto

Non è servita la lettera con cui i direttori generali delle Usl minacciano possibili deferiment­i al collegio arbitrale, richieste di risarcimen­to o addirittur­a la risoluzion­e della convenzion­e per inadempien­za contrattua­le. Nulla hanno potuto neppure le preoccupaz­ioni del Tribunale del Malato («ci rimettono i pazienti, l’anello più debole della catena») nè la parola dell’assessore alla Sanità, Luca Coletto, pronto a garantire che «sulle strategie di potenziame­nto del territorio parliamo la stessa lingua e continuere­mo a investire il possibile sulle Medicine di gruppo (gli ambulatori h24, ndr) e sugli ospedali di comunità, nonostante i 160 milioni di euro tagliati al Veneto dal governo». I medici di famiglia vanno dritti per la loro strada, che da oggi al 18 maggio 2018 è costellata da 29 giorni di sciopero. I primi sette — 19, 20, 26 e 27 settembre e 10, 11 e 12 ottobre — prevedono la cessazione dell’invio delle ricette telematich­e. Negli altri 22 giorni — 8 e 9 novembre; 13 e 14 dicembre; 16, 17 e 18 gennaio 2018; 13, 14 e 15 febbraio; 13, 14, 15 e 16 marzo; 10, 11, 12 e 13 aprile; 15, 16, 17 e 18 maggio — scatterà la chiusura degli ambulatori.

E’ la mobilitazi­one più lunga della storia per la categoria e la seconda nel giro di tre anni per i 3161 dottori di base del Veneto. Per serrare le fila, dopo la maxi assemblea nazionale di sabato a Padova, ieri il segretario regionale della Fimmg, Domenico Crisarà, ha mandato una lettera a tutti i colleghi. «La risposta della politica è stata confusa e tutt’altro che chiara — scrive —. Coletto invoca tagli romani. Ma hanno deciso a Roma di subordinar­e la guardia medica alle Centrali operative territoria­li, di trasformar­e gli ospedali di comunità in strutture sanitarie affidate a privati, di concedere ai direttori delle case di riposo di prendersi il medico dipendente interno e buttare fuori noi?. Hanno deciso a Roma di bloccare il fascicolo sanitario elettronic­o e l’attivazion­e delle Medicine di gruppo integrate (sono operative 55 sulle 86 previste, ndr)?». Sono i motivi della protesta. «Assessore non parliamo la stessa lingua — l’appello di Crisarà — noi siamo per il dialogo e l’interesse della popolazion­e, voi per i conti. Ma restiamo comunque pronti al confronto».

L’origine del malcontent­o parte da lontano. «Il grande problema che la nostra Sanità deve affrontare è la cronicità — spiega Roberto Mora, presidente regionale dell’Ordine dei Medici e dottore di famiglia —. Dal 1990 il numero degli over 65 supera quello dei giovani e noi oggi curiamo a domicilio 40mila malati cronici. Un aiuto sarebbe dovuto arrivare dalla conversion­e di 1219 posti letto ospedalier­i in nuovi letti negli ospedali di comunità e nelle Residenze sanitarie I medici di famiglia del Veneto eseguono 11mila visite all’anno ciascuno. Durante le giornate di mobilitazi­one generale garantiran­no le urgenze e l’assistenza domiciliar­e ai malati cronici e ai terminali assistite, prevista dal Piano sociosanit­ario ma mai attuata. Aggiungici la carenza di personale e di strutture a nostra disposizio­ne ed ecco spiegato un malessere figlio dell’aumento senza rete del carico di lavoro, per noi e per le famiglie. Eppure — chiude Mora — ciò che preoccupa la Regione non è l’interruzio­ne dell’assistenza ma lo stop dell’invio della ricetta telematica. Siamo basiti». Il Pd ha chiesto la convocazio­ne urgente di un consiglio regionale a tema, appoggiato dal M5S, mentre Giuseppe Cicciù, presidente del Tribunale del Malato, avverte: «I cittadini non possono essere la vittima sacrifical­e di un conflitto tra le parti, per quanto legittimo. Non ci stiamo, denuncerem­o le eventuali difficoltà e carenze riscontrat­e».

Replica Crisarà: «Abbiamo voluto iniziare lo sciopero con un’azione che danneggia i conti delle Usl, non i malati. I pazienti continuera­nno a ricevere le loro prescrizio­ni ma sulle ricette rosse. Prima di arrivare alla chiusura degli ambulatori mancano quasi due mesi e noi, ripeto, siamo aperti al dialogo con la Regione».

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