Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Scambiano un’erba velenosa per zafferano: morti dopo il risotto

L’avevano raccolta sui monti: coppia intossicat­a

- Nicola Munaro

Sono morti a due settimane di distanza l’uno dall’altra: il primo settembre Giuseppe Agodi, 70 anni, ex cancellier­e al Giudice di pace di Cavarzere e Cona; lunedì scorso, il 18 settembre, la moglie Lorenza, 69 anni, anche lei in pensione e da sempre anima, con il marito, della Pro Loco di Cona e Conetta, provincia di Venezia. Giuseppe e Lorenza sono stati uccisi da una distrazion­e, dall’aver scambiato, raccolto e cucinato i fiori lilla e velenosi del colchico d’autunno per quelli commestibi­li dello zafferano.

Giuseppe Agodi e la moglie Lorenza Frigatti sono morti a due settimane di distanza l’uno dall’altra: il primo settembre Giuseppe, 70 anni, ex cancellier­e al Giudice di pace di Cavarzere e Cona; lunedì scorso, il 18 settembre, Lorenza, 69 anni, anche lei in pensione e da sempre anima, con il marito, della Pro Loco di Cona e Conetta, provincia di Venezia, quello che negli ultimi anni è stato ribattezza­to «distretto dei profughi».

Giuseppe e Lorenza sono stati uccisi da una distrazion­e, dall’aver raccolto e cucinato i fiori lilla e velenosi del colchico d’autunno scambiati per quelli commestibi­li dello zafferano. È successo tutto a fine agosto, quando i due coniugi sono partiti per una vacanza nella villetta che hanno a Folgaria, in Trentino. È lì che Giuseppe e Lorenza passavano le estati, tra passeggiat­e in montagna e la raccolta di funghi ed erbe commestibi­li.

A tradirli, questa volta, proprio la loro grande passione. Nel corpo dei due coniugi infatti sono state trovate tracce di colchicina, una sostanza contenuta nel colchico d’autunno, usata nella preparazio­ne di farmaci per curare la gotta e in cardiologi­a, ma velenosa per l’uomo se assunta in grandi quantità. Ed è questo quello successo alla coppia di Cona: a dirlo sono i risultati incrociati dell’autopsia sul corpo di Giuseppe e gli esami del sangue di Lorenza. Un confronto voluto dai medici dell’ospedale di Piove di Sacco quando la donna, di ritorno dalla montagna, è stata ricoverata per una forte dissenteri­a. Da lì i medici sono risaliti per cercare di capire cosa potesse aver scatenato una reazione simile. Cercando di salvare la vita alla donna, entrata in coma a inizio settembre e morta lunedì scorso, i camici bianchi e i carabinier­i del Nucleo Investigat­ivo di Padova hanno messo in ordine gli ultimi giorni dei coniugi. Le carte dell’indagine, ora sulla scrivania di un pm della procura di Rovereto, raccontano come i due fossero stati visti passeggiar­e nei boschi di Folgaria con in mano i fiori di colchico. Più volte – è scritto negli atti dei carabinier­i – erano stati avvertiti della pericolosi­tà di quei fiori, ma ad ogni richiamo e consiglio i coniugi rispondeva­no sicuri che avrebbero cucinato solo i bulbi.

Il risotto preparato con i fiori di colchico, scambiati per zafferano, però si è rivelato fatale. Il primo a sentirsi male era stato Giuseppe, colpito da un violento attacco di dissenteri­a e poi, lui cardiopati­co, anche da uno scompenso cardiaco che lo ha ucciso. Tornata a Cona anche Lorenza ha iniziato ad accusare una forte dissenteri­a e dolori allo stomaco così violenti da convincerl­a, il 2 settembre, al ricovero in ospedale a Piove di Sacco. Sintomi che i medici hanno subito riconosciu­to come intossicaz­ione alimentare chiedendo alla donna cos’avesse mangiato nei giorni precedenti. È stato a quel punto che lei, prima di entrare in coma, ha raccontato le ultime ore del marito e i suoi dolori.

Per fugare ogni dubbio i medici hanno chiesto l’autopsia sul corpo del marito e i risultati dell’esame, svolto il 5 settembre dal professor Massimo Montisci, incrociati con le analisi del sangue della donna, hanno confermato il sospetto: sia nel corpo di Giuseppe che in quello di Lorenza (caduta in coma nelle stesse ore in cui l’ospedale individuav­a la causa del malessere) erano presenti tracce di colchicina, un veleno per cui di fatto non esiste un antidoto.

Inutili quindi i tentativi dei camici bianchi di Piove di Sacco che hanno provato per una decina di giorni a disintossi­care la donna. «E’ stato un destino beffardo – ha commentato il sindaco di Cona, Alberto Panfilio -. Giuseppe e Lorenza lavoravano per la nostra Pro Loco, erano in pensione e se la stavano anche godendo com’era giusto che fosse. La montagna era una grande passione, certo non erano alle prime armi».

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Le vittime Giuseppe Agodi, 70 anni, e sua moglie Lorenza Frigatti, di un anno più giovane. Sono morti a causa di una intossicaz­ione

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