Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I pittori anni ‘70 e il ribelle Oehlen arrivano in laguna
Aprirà ad aprile. E a Punta della Dogana arrivano i pittori anni ‘70
Ama reinventare e ridefinire le tecniche di pittura. Benché la sua matrice artistica si possa ascrivere al neoespressionismo materico, rifiuta di essere etichettato. Al punto che per il suo lavoro ha coniato il termine «post-non-representational» (post-non figurativo).
Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germania) sarà il prossimo protagonista a Palazzo Grassi a Venezia, nell’ambito del programma delle monografiche di artisti contemporanei - inaugurato nel settecentesco palazzo-museo sul Canal Grande nel 2012 con Urs Fischer e proseguito con Stingel, Penn, Raysse, Polke - alternate a esposizioni tematiche della Collezione Pinault.
Curata da Caroline Bourgeois, la rassegna, che aprirà i battenti l’8 aprile 2018, presenterà una selezione di circa 85 opere, dagli anni ‘80 a oggi, provenienti dalla Pinault Collection, da collezioni private e musei internazionali. Influenzato da Baselitz, Polke e Richter, vicino al movimento Junge Wilde, nelle opere di Albert Oehlen convivono astrattismo e figurazione, senza limiti di tecnica o stile. In quella che sarà la più grande monografica mai dedicata all’artista tedesco, si ripercorrerà l’intero excursus della sua produzione in un racconto non cronologico bensì scandito da un ritmo sincopato tra i diversi generi e periodi, uniti da due denominatori comuni: la forte tensione alla sperimentazione, al superamento dei limiti; e il ruolo centrale della musica. Qualcosa che in parte ritroviamo nella mostra collettiva che sarà allestita contemporaneamente nell’altra sede veneziana della Fondazione Pinault, Punta della Dogana, «Dancing with myself». Nata dalla collaborazione tra la Pinault Collection e il Museum Folkwang di Essen, curata da Martin Bethenod, Florian Ebner e Anna Fricke, l’esposizione indaga l’importanza primordiale della rappresentazione di sé nella produzione artistica dagli anni ’70 a oggi e del ruolo dell’artista come protagonista e oggetto stesso dell’opera: malinconia e vanità, il gioco ironico dell’identità e l’autobiografia politica, la riflessione esistenziale e il corpo come scultura.
La rassegna riunisce un centinaio di opere, da Claude Cahun a LaToya Ruby Frazier, da Gilbert & George a Cindy Sherman, da Boetti a Cattelan. Presentata in una prima versione a Essen nel 2016, nella città lagunare la mostra si rifarà il look con 45 lavori non esposti nella città tedesca.