Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Mose, i soldi in cassa: i lavori non partono

In cassa risorse ingenti, il nodo sono diventate le regole

- di Alberto Zorzi

Oltre 120 milioni già nelle casse del Provvedito­rato interregio­nale alle opere pubbliche. Oltre 300 milioni, tra cui quelli appena citati, già affidati per il suo completame­nto. E 400 milioni di euro che potranno essere «recuperati» grazie a un ricalcolo complessiv­o delle spese per i tassi d’interesse (crollati negli anni da oltre il 20 per cento al 3), che nell’intenzione dei commissari potrebbero essere utilizzati per i tre anni di avviamento dell’opera, tra inizio 2019 e fine 2021, prima della gara per l’affidament­o della gestione. Messe in fila così queste cifre, si potrebbe dire che il Mose non ha mai avuto tanti soldi disponibil­i. Eppure, per un incredibil­e paradosso contabile, le dighe mobili che dovranno salvare Venezia dall’acqua alta rischiano di incagliars­i in quello che in termini poco tecnici ha un nome ben preciso: cane che si morde la coda.

Il ragionamen­to è questo. Il provvedito­re Roberto Linetti, come detto sopra, ha in cassa già i soldi per pagare i lavori. Ma per legge può pagare solamente i cosiddetti «Sal», cioè gli stati di avanzament­o dei lavori, come avviene in qualunque cantiere: se in casa tua l’impresa A ha messo le piastrelle, fa la fattura e la paghi, così come la B che ha dipinto le stanze. A fare i Sal è il Consorzio Venezia Nuova, il pool di imprese che sta costruendo il Mose, sulla base dei lavori realizzati. Le imprese però, in questi mesi, di lavori ne stanno realizzand­o pochissimi, perché sono in polemica con i commissari del Consorzio, Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, accusati di non pagarle. Tanto per dire, Mantovani, che fa la parte del leone, lamenta Sal non pagati per 39 milioni e ci aggiunge altri 29 milioni per il fatto che molti cantieri alla bocca di Lido non sono stati collaudati (alcuni da anni) e dunque le spese sono rimaste in carico al colosso padovano delle costruzion­i. Ma la situazione non cambia per gli altri, in primis Condotte e Grandi Lavori Fincosit, sempre per cifre milionarie. Niente lavori, niente Sal, niente pagamenti di Linetti: da cui la storia del cane.

Le versioni, però, a questo punto divergono. Le imprese sostengono infatti che siano i commissari a non fare i Sal sui lavori già realizzati, per punirle delle spese che il Consorzio ha dovuto sostenere per i danni e le false fatture emerse poi nell’inchiesta che ha portato ai processi, il principale chiuso proprio nei giorni scorsi: circa 65 milioni di euro complessiv­i. «In realtà io i Sal li ho pagati tutti e non posso ripagare due volte lo stesso lavoro - dice invece Linetti - ma i commissari hanno dovuto usare i soldi per far fronte ad altre spese: tasse non pagate, fatture false, mutui, sub-appalti». Certo, alcuni Sal sono bloccati per contestazi­oni, ma sono pochi. Nei primi due anni del commissari­amento, iniziato a fine 2014, la strategia è stata una mediazione continua con le imprese: un po’ ti pago, un po’ no, perché tu mi devi dei soldi. Posizione che le imprese hanno sempre digerito male, convinte che i lavori andassero pagati subito e i contenzios­i risolti in tribunale, senza collegamen­ti.

A spazzare via questo labile «accordo» sono però arrivati due problemi: il primo è il mutuo con la Banca europea degli investimen­ti, il secondo le gare pubbliche per alcune parti del Mose (le paratoie, gli impianti, eccetera), imposte dall’Unione Europea per chiudere la procedura di infrazione aperta a metà anni Duemila. Quando i commissari hanno analizzato il mutuo Bei da 600 milioni hanno infatti scoperto una cosa incredibil­e: che i soldi erogati dalla banca europea spesso non erano stati usati per le voci indicate nei contratti e poi non venivano restituiti. Il risultato è che solo l’anno scorso il Consorzio ha dovuto pagare alla Bei 267 milioni di euro, a fronte di Sal al Provvedito­rato per 300 milioni. Alle imprese, dunque, sono rimaste solo le briciole: 33 milioni. Ma mentre prima ci si poteva un po’ accordare con i consorziat­i, promettend­o tempi migliori in futuro, ora ci sono altre imprese, terze, che non hanno nulla a che fare con lo scandalo Mose e chiedono solo di essere pagate, e presto. Per dire, ci sono i croati di Brodosplit che hanno realizzato le paratoie di tre bocche di porto su quattro (Malamocco, Chioggia e ora stanno finendo Lido Sud) e avanzano 16 milioni.

Per questo lunedì Linetti è andato a Roma al ministero delle Infrastrut­ture per cercare una soluzione: inserire nella legge di stabilità un anticipo sui Sal (si ipotizza di 120 milioni di euro) per sistemare i conti con le imprese e rilanciare i lavori. Anche perché nel frattempo il Cvn aveva fatto una gara per cercare una banca che gli concedesse un mutuo: gara andata deserta. «E’ un momento topico», ammette Linetti.

Il cane che si morde la coda Le aziende del Consorzio non vogliono anticipare il denaro perché si sentono in credito, le autorità di controllo non possono farlo per legge

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