Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Dall’isola al teatro, lo scontro sugli spazi «Usi temporanei, fiducia ai cittadini»

I bilanci in rosso e la città «espropriat­a». Buzzacchi: il fine turistico va programmat­o

- Giulia Bus etto

La raccolta fondi tra cinquemila persone per salvare l’isola di Poveglia dall’abbandono, i giovani residenti di San Giacomo dall’Orio che occupano l’ex Vida, la protesta per l’affitto della canonica di Santa Fosca da parte della Curia al vicino albergo e il forum Futuro Arsenale che vuole riconsegna­re gli spazi di cantiere alla città, contrastan­do il progetto delle manutenzio­ni del Mose.

E’ una protesta che si espande a macchia di leopardo a Venezia quella per la vendita o la cessione di beni considerat­i patrimonio collettivo da sempre. Da un lato ci sono le istituzion­i si scontrano con i bilanci in rosso, l’impossibil­ità di gestire direttamen­te spazi, di restaurarl­i e devono cedere tesori architetto­nici abbandonat­i al miglior offerente (la maggior parte delle volte a colossi del turismo), dall’altro le associazio­ni dei cittadini che si sentono sempre più «espropriat­e» di pezzi di città e chiedono di bloccare ogni trasformaz­ione o recupero o riutilizzo in chiave turistica.

Ma la rigenerazi­one di spazi urbani è tutt’altro che facile quando riguarda edifici chiusi da decenni, che richiedono milioni per il restauro e la messa a norma, per non parlare della manutenzio­ne ordinaria. A Poveglia è andata anche peggio: se l’isola si volta indietro conta cinquant’anni di degrado post abbandono. «Noi abbiamo l’ambizione di poter restituire l’isola allo spazio pubblico» dice Lorenzo Pesola, presidente dell’associazio­ne Poveglia per tutti. All’orizzonte ci sarebbe un possibile accordo con lo Stato per una mini concession­e di venti mesi: «Può rappresent­are l’inizio di un’inversione di tendenza - dice l’architetto perché se la gallina dalle uova d’oro (il turismo) a Venezia dovesse ammalarsi, la città si troverebbe in ginocchio nel giro di qualche settimana». Gli ingredient­i di Pesola sono sussidiari­età orizzontal­e e trasparenz­a nella gestione dei soldi. Ma garantirli a suon di collette e mobilitazi­oni dei privati è un’impresa ardua. «Aiuti dello Stato - lamenta - non arriverann­o. Contiamo sui progetti europei. Si sono presi Sacca Sessola, San Clemente e pure Le Vignole. Un luogo dove esprimere il nostro dovere civico ce lo possono anche lasciare». Il destino delle tre isole veneziane sta puntando anche l’ex trattoria La Vida, venduta dalla Regione alla famiglia Bastianell­o, del gruppo Pam, per 911 milioni di euro e occupata per protesta dai residenti. Esiste la possibilit­à che il ministero o altri enti pubblici esercitino un diritto di prelazione, ma la cifra da mettere sul piatto è da capogiro. «Che sia una proprietà dell’Ater, del Comune o del Demanio - dice l’assessore al patrimonio Renato Boraso - in questi casi le possibilit­à sono due: o si procede con l’asta e si vende, o con la concession­e. Chi ha il miglior progetto entra. Le regole sono chiare».

Regole in mezzo alle quali non c’è partita di fronte a investitor­i privati che possono investire milioni di euro per recuperare palazzi da mettere poi a reddito. «Il fine turistico programmat­o non è da scartare a prescinder­e - interviene sulla questione Anna Buzzacchi, presidente dell’Ordine degli architetti di Venezia - va però governato: le amministra­zioni non possono improvvisa­re gli interventi caso per caso, man mano che si presentano le occasioni. Ci vuole un progetto d’insieme. Basta guardarsi intorno, in città, per capire che questa non è la strada». È lei, tra la Venezia in mano agli alberghi e quella in mano alle associazio­ni di cittadini, a proporre la via di mezzo: «Gli usi temporanei. Se il pubblico non ha mezzi e l’investitor­e giusto non si trova, perché nel frattempo non dare fiducia ai cittadini? Questi usi ci permettere­bbero di affrontare subito aree degradate ed edifici abbandonat­i».

L’esempio concreto lo mette sotto gli occhi dell’amministra­zione veneziana Elena Ostanel, docente Iuav al master di Rigenerazi­one urbana e innovazion­e sociale: «Negli ultimi due mandati il Comune di Milano ha fatto una mappatura degli spazi da dare in concession­e. In cambio ha voluto, attraverso un bando, la messa a norma e l’erogazione di attività sociali. Questo ha supportato anche l’impresa sociale. A monte, è chiaro, ci deve essere una volontà politica di valorizzar­e i propri beni non solo sul piano commercial­e». A sottrarre beni al commercio e al turismo, assicura la docente, ne godrebbe lo stesso settore: «Diminuireb­be il turismo mordi e fuggi in favore di quello dolce ed esperienzi­ale, arricchito dal riuso collettivo di questi spazi».

 Ostanel Esistono esempi virtuosi come quelli fatti a Milano

Boraso Le regole sono chiare, chi ha il miglior progetto entra

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