Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Van Gogh. Tra il grano e il cielo A Vicenza la storia del pittore
Apre «Tra il grano e il cielo», la grande mostra a Vicenza, a cura di Goldin Disegni e dipinti: in scena la vicenda tormentata di uno dei pittori più amati
Si può riprendere il discorso su Vincent van Gogh, dopo tutto quello che è stato scritto, raccontato, investigato, visto? Risposta non semplice. Ci prova Marco Goldin, che quel discorso non l’ha mai interrotto. Come?
Primo: il curatore trevigiano torna a Vicenza, nella Basilica Palladiana messa di nuovo a disposizione dalla città. Secondo: prova a mettere in piega un’esposizione che già si annuncia come un altro dei suoi successi di pubblico, tanto che prima ancora dell’apertura prevista il 7 ottobre (resterà aperta fino all’8 aprile 2018) incassa già 115 mila prenotazioni. «Una mostra è un atto di democrazia», la definisce il sindaco Achille Variati.
«Van Gogh. Tra il grano e il cielo» si presenta come un progetto complesso che dispiega più mezzi: la mostra e un film, due libri e un tour teatrale. L’invito è di muoverci su alcuni piani: i disegni come cuore della produzione artistica; le città e i luoghi dove il pittore olandese ha vissuto; le lettere struggenti scritte da Vincent al fratello Théo; il manicomio come perno esistenziale e creativo.
Infine, Goldin fa un altro ritorno: va alla collezione olandese del Kröller-Müller Museum di Otterlo (seconda per importanza dopo il Van Gogh Museum di Amsterdam) con cui ha ormai una lunga confidenza e si fa prestare 100 opere, delle 129 che poi espone di cui 86 disegni e 43 dipinti. Un obiettivo è dichiarato: «scavare nell’anima» di Vincent. L’anima: il lato oscuro e salvifico, la matrice religiosa e pittorica, la tensione alla perfezione, il fallimento in cui l’artista si incarna.
Quella di Van Gogh è una storia drammatica, consumatasi nel corso di soli dieci anni, dal 1880 (quando annuncia al fratello di voler diventare arti- sta) e il 1890 (l’anno del suicidio).
Goldin mette in scena quel dramma, facendoci immergere in un ambiente buio, le luci disegnate a infiammare i dettagli di ogni singola opera. Ma è anche una storia vitale: la frenesia di disegnare e dipingere, la meraviglia di fronte a un covone, lo smarrimento di fronte a un sentiero o a un ciuffo di iris, l’incanto per le persone umili, una Donna che pela le patate, un Ragazzo col falcetto.
Non a caso sono i Due zappatori che aprono la mostra: accanto, a rompere solo per un istante l’andamento cronologico, troviamo il disegno del 1880 e il dipinto di nove anni dopo. Un’avvertenza: «i disegni per Van Gogh non sono schizzi o lavori preparatori, ma vere e proprie opere – racconta il curatore – Il gesso, l’inchiostro, la matita sono davvero il suo linguaggio d’arte». E i disegni, anche di grandi dimensioni, ricchi di dettagli sembrano muovere le sale, diventando col passare del tempo sempre più netti, profondi e sorprendenti. Come quella Ragazza con lo scialle che ci guarda di sbieco, quasi sfidandoci. O le Donne sulla neve che portano sacchi di carbone e ci danno le spalle e si calano silenziose lungo il sentiero.
Dieci anni in viaggio: Borinage, Etten, l’Aia, il Drenthe, Nuenen, Parigi, Arles, SaintRémy e infine Auvers-sur-Oise sono le stazioni di un pellegrinaggio inquieto verso la luce della Provenza. In questo viaggio Van Gogh si inoltra nei colori, a un certo punto «sembra quasi mangiarli», come dice Goldin. Sono del 1888 i Salici potati al tramonto e divorati dall’ocra e dall’arancio del sole. Così il Vigneto verde, un impasto di materia che inonda la tela. O il Ritratto del sottotenente Milliet, volto bello e sguardo dubbioso su un abbaglio di turchese e sotto una luna e una stella del Sud.
Infine l’approdo per un anno al manicomio di SaintRémy, dove Vincent realizza una serie di capolavori e resiste all’altalena di crisi e si innamora del campo di grano, le infilate di cipressi, la danza degli Ulivi, la testa calva e nascosta tra le mani di un Vecchio che soffre. Goldin ci accompagna dentro il manicomio, non solo nel docu-film da lui scritto e diretto (che si può vedere nell’ultima sala) ma lo riproduce pure, 20 mq di plastico da contemplare. Ieri, proprio qui un uomo di nome Antonio De Robertis ha gridato, lanciato volantini e denunciato che il mondo censura la sua scoperta: una foto di gruppo in cui Van Gogh sarebbe ritratto a 34 anni a Parigi. Una scena fuori copione, prima di arrivare nella sala degli ultimi due mesi a Auvers. E l’uscita di scena.