Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il piano del governatore «Più poteri alle Province»
I presidenti: il 22 ottobre occasione per un ridisegno istituzionale
«U na Regione che pensa a legiferare mentre le funzioni amministrative sono lasciate alle Province». È la road map di Zaia dopo il referendum, un piano da portare a casa nell’architettura istituzionale di un Veneto autonomo. Se n’è parlato ieri all’incontro convocato in Regione con i presidenti delle Province. Il presidente nazionale dell’Upi, il dem Variati: «Concordi».
L’autonomia? La chiederà la Regione ma a declinarla sul territorio, un domani, saranno - anche - le Province, che riallargheranno lo spettro delle loro competenze incassando ovviamente pure i finanziamenti necessari per adempiervi. Tolti presidenti, assessori e consiglieri eletti dal popolo, insomma, gli «enti di mezzo» torneranno ad essere sostanzialmente quelli di un tempo, con le stesse funzioni, lo stesso personale, le stesse sedi e - sperano i presidenti - gli stessi soldi. Sempre che al referendum del 22 ottobre stravincano i Sì.
Questa è la road map tracciata a Palazzo Balbi dal governatore Luca Zaia insieme ai presidenti delle Province venete, assente il solo Luigi Brugnaro della Città metropolitana di Venezia che non solo ha disertato la conferenza stampa di ieri ma pure il vertice tecnico del giorno prima (ma il governatore assicura che «è solo una questione di incastri nell’agenda» mentre il presidente della Provincia di Padova e di Upi Veneto Enoch Soranzo fa sapere che «Venezia ha condiviso tutto il percorso che abbiamo stabilito»). L’obiettivo, ha spiegato Zaia, «è quello di avere, in un quadro di maggiore autonomia riconosciuta dallo Stato, una Regione che pensa a legiferare mentre le funzioni amministrative sono lasciate alle Province e ai Comuni. Questo nell’ottica di non sostituire al centralismo statale un neocentralismo regionale». Variati, presidente della Provincia di Vicenza e dell’Upi nazionale, nonostante i differenti orizzonti politici ha detto di voler credere al governatore: «Ci ha rassicurato ed è per questo che sosteniamo il referendum del 22 ottobre, perché è chiara la volontà di realizzare una “filiera dell’autonomia” in grado di fare meglio, spendendo meno». Di sicuro le Province sono ormai abituate a tirare la cinghia: stando ai costi standard elaborati dalla Sose, per loro lo Stato dovrebbe stanziare 650 milioni l’anno; siamo fermi a 180. «E intanto la stragrande maggioranza delle scuole medie e superiori italiane, comprese quelle venete, non rispetta le norme di sicurezza» ha ricordato Variati.
Al tavolo che Zaia intende costituire, anche con funzione consultiva in vista della trattativa che si aprirà col governo, siederanno pure l’Anci e le Comunità montane; «il Veneto farà scuola in Italia» ha prefigurato Variati mentre Soranzo ha annunciato che il riordino delle competenze che seguirà all’attribuzione alla Regione di «nuove e più ampie forme di autonomia» coinvolgerà anche gli enti di secondo livello, «come le Aato e i consorzi». Alle Province, secondo quanto abbozzato ieri, potrebbero tornare accanto alle tre competenze rimaste dopo la riforma Delrio (strade, ambiente, scuole) anche molte di quelle vecchie, dalla caccia e pesca alla formazione professionale e il lavoro. Ma non torneranno gli organi elettivi: «Le vecchie Province, così come le conoscevamo, non torneranno più - ha detto Variati - sono diventate le case dei sindaci e tali resteranno».
«Il 4 dicembre - ha concluso Soranzo - il popolo italiano ha deciso, tra le altre cose, che le Province non dovevano essere abolite. Ora abbiamo l’opportunità di coinvolgerle in un ridisegno istituzionale che abbia visione strategica, ridando loro centralità con nuove competenze e, ovviamente, le relative risorse per farvi fronte. Siamo amministratori e come tali ci siamo approcciati a questa iniziativa, senza speculazioni politiche». Zaia, intanto, ringrazia: «Sono felice che i presidenti abbiano deciso di assumere una posizione unitaria a favore del referendum e a favore del Sì».