Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Meritavo più aiuto da Stato e Regione»

«Con assistenza adeguata avrei rinviato di un po’ la mia scelta»

- Di Loris Bertocco

«Questo mio progressiv­o peggiorame­nto fisico mi rende difficile immaginare il resto della mia vita in modo minimament­e soddisface­nte, essendo la sofferenza fisica e il dolore diventati per me insostenib­ili e la non autosuffic­ienza diventata per me insopporta­bile».

...Questo mio progressiv­o peggiorame­nto fisico mi rende difficile immaginare il resto della mia vita in modo minimament­e soddisface­nte, essendo la sofferenza fisica e il dolore diventati per me insostenib­ili e la non autosuffic­ienza diventata per me insopporta­bile. Sono arrivato quindi ad immaginare questa scelta, cioè la richiesta di accompagna­mento alla morte volontaria, che è il frutto di una lunghissim­a riflession­e. È infatti una scelta che sto meditando da molto tempo e alla quale sono giunto progressiv­amente ma in modo irreversib­ile. Io sono stato e sono ancora convinto che la vita sia bella e sia giusto goderla in tutti i suoi vari aspetti, sia quelli positivi che quelli negativi. Questo è esattament­e quello che ho fatto sempre nonostante l’incidente che ho avuto e le difficoltà di tutti i tipi che questo mi ha creato. Non ho mai rinunciato a niente di tutto quello che potevo fare, nonostante gli ostacoli che ho trovato e che spesso grazie alla mia forza di volontà e all’aiuto delle persone che mi sono state vicine e mi hanno voluto bene sono riuscito ad affrontare. Credo in questo momento che la qualità della mia vita sia scesa sotto la soglia dell’accettabil­ità e penso che non valga più la pena di essere vissuta. Credo che sia giusto fare questa scelta prima di trovarmi nel giro di poco tempo a vivere in un istituto e come un vegetale, non potendo nemmeno vedere, cosa che sarebbe per me intollerab­ile. Proprio perché amo la vita credo che adesso sia giusto rinunciare ad essa vista la sofferenza gratuita sia fisica che spirituale che stanno progressiv­amente crescendo senza possibilit­à di revisione o di risoluzion­e positiva.

Qualcuno ha provato a convincerm­i che questa scelta poteva essere rimandata, che c’era ancora tempo. Li ringrazio per questo tentativo e per essermi stati vicini, ma il mio tempo è terminato. Il muro contro il quale ho continuato per anni a battermi è più alto che mai e continua a negarmi il diritto ad una assistenza adeguata. (...)

Se, dopo la separazion­e da mia moglie, avessi avuto la possibilit­à di giovarmi di due persone qualificat­e e motivate, soprattutt­o in questi ultimi sei anni, la mia vita sarebbe stata un po’ più facile e dignitosa. Essendo impegnato nel movimento per la «Vita Indipenden­te», che chiede per le persone con grave disabilità il diritto a un’assistenza completa e autogestit­a e finanziata con un fondo apposito dalla Regione, mi sono rivolto agli uffici competenti e, al tempo stesso, ho fatto presente la mia nuova situazione ai servizi sociali e al sindaco del mio Comune (Fiesso d’Artico, in provincia di Venezia). Ho anche sollecitat­o direttamen­te in particolar­e l’assessore regionale che si occupava allora di questi problemi. È venuto a farmi visita, una volta, dopo molte mie insistenze e proteste per le mancate risposte, ma non è bastato. Non ha capito la mia situazione, che è la situazione di tanti e tante come me, a nome dei e delle quali penso di parlare.

Dopo la visita dell’assessore il mio Comune ha presentato alla Regione la richiesta di accedere ai fondi straordina­ri appositi previsti dalla dgr 1177/2011. La Commission­e di valutazion­e regionale, però, per ben due volte ha risposto picche, ha ritenuto non idoneo il progetto presentato dal mio Comune a sostegno del sottoscrit­to, nonostante le valutazion­i e i pareri favorevoli dell’Ulss, dell’assistente sociale e del Comune stesso. Avrei potuto fare ricorso al Tar, ma ormai ero deluso, stanco, sfinito dalle mille quotidiane difficoltà, di fronte a tanta incomprens­ione, per altro mai decentemen­te argomentat­a.

Perché è così difficile capire i bisogni di tante persone in situazione di gravità, perché questa diffidenza degli amministra­tori, questo nasconders­i sempre dietro l’alibi delle ristrettez­ze finanziari­e, anche quando basterebbe poco, in fondo, per dare più respiro, lenimento, dignità?Domande che spero possano trovare risposta al più presto affinché tante altre persone con grave disabilità possano usufruire dell’assistenza personale e di un reddito per vivere libere, con dignità, evitando l’abbandono o il ricovero definitivo in qualche istituto. A questo fine è necessario alzare la soglia massima relativa all’Impegnativ­a di Cura Domiciliar­e e Fisica oggi fissata a 1000 euro, ferma al 2004 e quindi anacronist­ica e del tutto insufficie­nte per assicurare le collaboraz­ioni indispensa­bili. (...)

Per questo, il mio impegno estremo, il mio appello, è adesso in favore di una legge sul «testamento biologico» e sul «fine vita» di cui si parla da tanto, che ha mosso qualche passo in Parlamento, ma che non si giunge ancora a mettere in dirittura d’arrivo. In altri paesi è da tempo una possibilit­à garantita. Vorrei che, finalmente, lo fosse anche in Italia. Questa mia volontà, e questa mia scelta, non sono in contraddiz­ione con la lotta per una vita indipenden­te da garantire comunque, anzi. Vi sono situazioni che, infine, evolvono inesorabil­mente verso l’insostenib­ilità. Sono convinto che, se avessi potuto usufruire di assistenza adeguata, come ho già detto, avrei vissuto meglio la mia vita, soprattutt­o questi ultimi anni, e forse avrei magari rinviato di un po’ la scelta di mettere volontaria­mente fine alle mie sofferenze. Ma questa scelta l’avrei compiuta comunque, data la mia condizione fisica che continua progressiv­amente a peggiorare e le sue prospettiv­e. Avrei però voluto che fosse il mio Paese, l’Italia, a garantirmi la possibilit­à di morire dignitosam­ente, senza dolore, accompagna­to con serenità per quanto possibile. Invece devo cercare altrove questa ultima possibilit­à. Non lo trovo giusto. Il mio appello è che si approvi al più presto una buona legge sull’accompagna­mento alla morte volontaria (ad esempio, come accade in Svizzera), perché fino all’ultimo la vita va rispettata e garantita nella sua dignità.

Ora è arrivato il momento. Porto con me l’amore che ho ricevuto e lascio questo scritto augurandom­i che possa scuotere un po’ di coscienze ed essere di aiuto alle tante persone che stanno affrontand­o ogni giorno un vero e proprio calvario.

Ringrazio tutti coloro che mi sono stati vicini e che proseguira­nno la battaglia per il diritto ad una vita degna di essere vissuta e per un mondo più sano, pulito e giusto.

La vita è bella Ed è giusto godersela in tutti gli aspetti, positivi e negativi. Esattament­e quello che ho sempre fatto, nonostante gli ostacoli

Ma non vale più la pena Credo che la qualità della mia vita sia scesa sotto la soglia dell’accettabil­ità e penso non valga più la pena di essere vissuta Dalla Regione solo «No» Il Comune di Fiesso presentò un progetto per accedere a fondi straordina­ri per me. La Commission­e rispose picche due volte

La legge sul «fine vita» Avrei voluto che fosse il mio Paese, l’Italia, a garantirmi la possibilit­à di morire dignitosam­ente, senza dolore, con serenità

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Con gli amici Loris Bertocco, al centro, tra Luana Zanella e Gianfranco Bettin in una foto del 2015 Sotto, la clinica della dolce morte Dignitas a Forch, vicino Zurigo, dove ieri Loris ha messo il punto alla sua vita

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